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Nel volume si ripercorre l'intero itinerario esistenziale e speculativo dello studioso noto ai più solo per aver coniato il termine "partitocrazia" in anticipo sui tempi e con forza predittiva che gli sarebbe stata riconosciuta postuma. Leggendone la biografia, si comprendono alcuni nodi cruciali, dalla Grande guerra al fascismo fino alla crisi della formula governativa di centrosinistra e ai primi scricchiolii della Repubblica nata nel 1946. La vita di Maranini spiega come e dove si poté saldare l'alleanza provvisoria tra famiglie politiche e correnti ideali per molti aspetti così diverse come il socialismo patriottico e irredentista, il nazionalismo liberale post-risorgimentale e il fascismo. Quest'ultimo poi vinse, ma senza alleati nessuna "marcia su Roma" sarebbe bastata. La carriera accademica di Maranini mostra poi come gli intellettuali sotto dittatura si muovano secondo criteri in cui opportunismo e adesione ideale si mescolano in dosi variabili nel tempo. Prima c'è il giovane professore universitario per volontà del duce, poi l'incriminato per motivi razziali con sospensione definitiva dalla cattedra per le origini materne ebraiche. Una dittatura che si consolida tende sempre a ridurre a stato servile i propri intellettuali, compresi quelli "organici". Ad aiutare Maranini nella fuoriuscita dal fascismo sarà anche la biografia personale. Figlio di un socialista riformista sodale dell'irredentista Cesare Battisti, e giovanissimo legionario fiumano per motivi legati al nazionalismo neo-risorgimentale scaturito dalla guerra, Maranini nel secondo dopoguerra troverà nei modelli costituzionali anglo-americani lo spunto per ricucire nel liberalismo i fili teorici spezzati dall'esigenza di giustificare un ordine che si rivelò assai più sovvertitore che restauratore dello spirito statutario.
Danilo Breschi
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