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Quattro pericolosissime vecchiette rifiutano l'ospizio, svaligiano la banca del quartiere e se la squagliano in Costa Azzurra.
«Chi ha letto i suoi libri sa quanto Niven possa essere irriverente, ironico, dissacrante, politicamente scorretto» – Giuseppe Culicchia
Quando Susan – a causa dei vizi nascosti del marito – si ritrova vedova e con la casa pignorata, insieme ad alcune amiche decide, mal di schiena permettendo, di compiere una rapina. Contro ogni probabilità, il colpo va a buon fine, e alle «cattive ragazze» non resta che lanciarsi in un'avventura on the road verso la Francia, riciclare il denaro e sparire. Nulla che possa spaventarle, dopo tutto hanno piú di un motivo per riuscire nella loro impresa: andare in crociera e fuggire il brodino dell'ospizio.
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
In alcuni punti mi ha proprio fatto ridere di gusto. Se desiderate una lettura leggera, a tratti molto spassosa, acquistatelo, non rimarrete delusi.
Ho letto sul retro ‘…. Pericolosissime vecchiette…’ poi nel testo apprendo che si tratta di SESSANTENI ho 56 e scusate ma mi sono sentita punta sul vivo….mi è passata la voglia di leggerlo
Questo è un libro inverosimile, improbabile e tanto assurdo quanto esilarante. È leggero e divertente e come tale lo consiglio a chi ha voglia di farsi due risate. I capitoli sono brevi e il ritmo del racconto è incalzante e avvincente. Sembra la sceneggiatura già pronta per un film. Il linguaggio a volte è un po' scurrile ma all'interno del contesto non disturba affatto. Di certo messo a fianco dei grandi della letteratura non regge il confronto, ma non si può sempre essere seri o permiati di cultura. Fatte le dovute premesse, ne consiglio vivamente la lettura.
Recensioni
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Vabbè, Le solite sospette (346 pagine, 12,50 euro), edito da Einaudi, tradotto da Marco Rossari, è un libro che te lo devi prendere così come viene, con tutta la sua carica di improbabilità. Che un gruppo di arzille vecchiette possa compiere una rapina e poi scappare impunemente attraverso mezza Francia senza che nessuno riesca ad acciuffarle… be’, si commenta da sé. Ma come sempre l’audacia di John Niven non è tanto nella storia in quanto tale, bensì in quello che riesce a raccontare sotto la superficie della stessa.
Rispetto ad altre sue pubblicazioni, l’impressione è che qui si sia astenuto da facili sofismi sul senso della vita per virare piuttosto verso una storia scoppiettante, surreale, ricca di colpi di scena dove spiccano personaggi al limite del parossismo. È il caso, ad esempio, del sergente Boscombe che assomiglia un po’ allo Zenigata di Lupin: pasticcione, impulsivo, con la naturale tendenza a ficcarsi nei guai. Oppure Ethel Merriman, una ultranovantenne senza peli sulla lingua, dallo stomaco insaziabile e dal grilletto facile. La lettura scorre veloce secondo i canoni di quella che potrebbe essere la classica commediola americana, dove i protagonisti riescono sempre e comunque a farla franca, portandosi a casa persino una bella risata. C’è molta ironia – l’episodio del sergente afferrato letteralmente per i testicoli mentre prova ad inseguire le rapinatrici è uno spasso – l’irriverenza la fa da padrona in tanti passaggi, qualche pagina strappa anche più di un sorriso.
Il nocciolo semantico di questo libro, però, si raccoglie in tutta una serie di considerazioni e domande reciproche che due protagoniste si scambiano tra loro: Susan e Julie. Provate dagli eventi e giunte in quella fase della vita dove è chiaro che il meglio è già successo e ragionevolmente non tocca aspettarsi nulla di buono dal futuro, le due si chiedono se non serva uno scatto d’orgoglio, un cambio di passo, una botta di adrenalina che restituisca senso al tutto e, in definitiva, le faccia finalmente sentire vive. Eccolo qui allora, il John Niven che ci piace. Quello che ringhia sulla mediocrità della vita borghese in cui ogni cosa è pianificata, ogni cosa è programmata, salvo poi scoprire che ciascuno di noi ha bisogno di altro, anche di scelte impopolari, anche di strade poco sicure nelle quali magari perdersi, farsi male, ma poi tutto sommato alzarsi e dire «Wow, ne è valsa la pena!».
Recensione di Alessandro Orofino
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