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recensione di Jocteau, G.C., L'Indice 1998, n. 4
Il 19 gennaio 1931 Riccardo Gualino fu arrestato nella sua casa di Torino, incarcerato e poi condotto al confino a Lipari, dove trascorse la maggior parte dei due anni di pena che dovette scontare. Aveva allora più di cinquant'anni, e dopo aver raggiunto il culmine delle sue fortune di grande industriale delle fibre sintetiche si era trovato coinvolto nella crisi economica e nel tracollo del suo cospicuo impero finanziario. Com'è noto, Gualino era mosso da curiosità e interessi molteplici, e si compiacque di esercitare un attivo mecenatismo. Nel contesto sempre più asfittico dell'Italia fascista, fu aperto a esperienze internazionali e d'avanguardia, e se per qualche tempo la sua industria esportatrice costituì uno dei fiori all'occhiello delle ambizioni espansionistiche del regime, quando la fortuna gli volse le spalle Mussolini si affrettò a saldare i conti aperti per i suoi passati atteggiamenti anticonformistici. Allontanato a forza dalle sue occupazioni e sottoposto all'avvilente disciplina del confino, egli avviò sorprendentemente una frenetica attività di scrittore, che occupò l'intero biennio. Come ricorda Cesare De Michelis nella sua nota a "Solitudine", il diario uscito nel 1945 e ora ripubblicato da Marsilio, tra il '31 e il '32 Gualino scrisse un romanzo, ne lasciò due incompiuti e stese un volume di memorie, "Frammenti di vita", pubblicato da Mondadori nel '31: il successo e la rapidità di quell'edizione testimoniano dell'eccezionalità dell'autore e della compiaciuta tolleranza della censura fascista, ma anche della verosimile reticenza di quelle pagine.
Installatosi a Lipari, si legge in* Solitudine", il confinato si interroga su come trascorrerà il suo tempo: "Che cosa farò (...)? Scriverò. Che cosa? Non so e non importa; qualsiasi cosa, pur di non dormire". È un consapevole progetto di stoico attivismo che in* Solitudine "prende la forma di un diario intimo steso nei mesi trascorsi alle Eolie. Non è estranea a queste pagine l'ambizione letteraria, che risalta dalla cura e dalla levigatezza formale e dallo sforzo costante di legare in frasi concise la percezione di una natura inconsueta, fascinosa e inquietante con l'esperienza vissuta del protagonista, degli abitanti dell'isola, delle centinaia di confinati e dell'apparato adibito alla loro sorveglianza. Ma nonostante questi propositi Gualino risulta sostanzialmente estraneo a quanto lo circonda: a parte qualche squarcio sulle ore trascorse con la moglie nell'intimità degli affetti, la scrittura è sovrastata da un continuo arrovellarsi intorno alla propria sorte, dalle riflessioni sulle fortune passate e sull'avvilimento del presente, dallo sforzo di conservare vigilanza e autocontrollo. E dinanzi a queste ambasce il resto, si tratti di personaggi (rapide comparse, come il comunista buono e filantropo che cura l'istruzione popolare, o la moglie di un confinato che compie i lavori domestici dai Gualino), di scenari naturali o di eventi sociali, costituisce un mero contorno, col quale la debordante figura del protagonista non entra mai in autentica comunione. Ciò che gli sta veramente a cuore compare solo saltuariamente fra le pagine del diario, quando si accenna alle sue tormentate vicende finanziarie o alla crisi economica che sconvolge il mondo e che egli segue attento, cercando ostinatamente di capire quanto sta accadendo. Proprio alla crisi egli si accinge a dedicare in quegli stessi mesi il romanzo "Uragani", nel quale, sullo sfondo di una vicenda americana, delinea ipotesi non prive di fascino circa un mondo futuro basato su una nuova apertura agli scambi e ai rapporti internazionali.
Gualino è assillato dall'urgenza di tornare alla vita attiva. "Ho bisogno di andare e di combattere", afferma deciso, mentre professa una fede inquieta ma incrollabile nella civiltà industriale: "Pochi sentono l'armonia e la bellezza espresse dall'industria moderna: da un'officina, che fonda in un solo ritmo operoso mille clamori; da una ciclopica centrale elettrica, solitaria fra i monti che, senza uomini a servirla, distribuisca luce ed energia a intere province; dall'automobile, dal telefono, dalla radio, dai velivoli, dal cinema...". E, di nuovo libero, torna agli affari, ove, se non riesce più a raggiungere le posizioni di primo piano conquistate negli anni venti, ricostruisce una consistente fortuna nell'industria cinematografica e in quella chimica. Fu una singolare" Solitudine", la sua.
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