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Fin dal 1938, Dumézil aveva riconosciuto la celebre tripartizione delle funzioni all’interno della civiltà indoeuropea: la seconda fra queste è appunto la funzione del guerriero. Da allora, per trent’anni (il libro qui presentato è del 1969) proseguì nell’indagine sul significato di questa funzione, seguendo come sempre le piste più diverse, dall’Iran all’India, dalla Roma antica ai Germani. Ne risultò alla fine questo libro, uno fra i più ricchi e densi nell’opera di Dumézil.
«Un paese che abbia perduto le sue leggende, dice il poeta, è condannato a morire di freddo. È più che possibile. Ma un popolo che non avesse miti sarebbe già morto». Con queste parole si avvia l’indagine. E presto, attraverso i miti che hanno al loro centro figure come Indra, Eracle o Thôrr, siamo obbligati a capire la complessità e l’ambiguità della figura del guerriero: essere iniziatico e mostruoso, capace di metamorfosi animali (da qui la furia del guerriero), continuamente immerso nella gloria e nella colpa. A seconda dei tratti che ogni singola mitologia esalta e illumina nella figura del guerriero, cambia l’immagine globale di una civiltà: rare volte ne abbiamo incontrato una dimostrazione eloquente come in questo libro.
scheda di Comba, E., L'Indice 1991, n. 7
Il volume riproduce l'ultima edizione di una fra le più profonde e stimolanti indagini del grande studioso francese di mitologia comparata indoeuropea, la cui prima stesura risale al 1956. Già pubblicato nel 1974 da Rosenberg & Sellier, con il titolo - più aderente all'originale - di "Ventura e sventura del guerriero" e con un'ottima introduzione del compianto Furio Jesi, il volume si presenta, nella nuova traduzione, arricchito di due saggi e di una introduzione dell'autore all'edizione francese del 1985. Scopo dell'opera è quello di mettere in evidenza le sostanziali analogie esistenti nelle mitologie di diversi popoli indoeuropei sul tema della figura del guerriero, che costituisce la seconda delle tre funzioni che Dumézil ha individuato come struttura comune alla civiltà indoeuropea nel suo complesso. Attraverso un amplissimo giro d'orizzonte, che porta dall'India vedica alla Roma antica, dall'Iran agli antichi germani, l'opera conduce a scoprire la tragica fatalità che sembra caratterizzare ovunque la figura mitica del guerriero: "peccatore fra gli dèi", egli si trova costretto, per la sua funzione e per il bene generale, a commettere infrazioni e peccati. Emerge, attraverso un'enorme massa di dati accuratamente scelti e presentati, un'immagine per lo meno inconsueta della funzione guerriera tra gli antichi indoeuropei: tutt'altro che un'idealizzazione della violenza e della sopraffazione, i guerrieri mitici vengono presentati come figure tragiche e drammatiche che incarnano una insolubile ambiguità: "consacrati alla Forza, essi sono le vittime trionfanti della logica interna della Forza, che dimostra se stessa solo varcando dei limiti". Se l'obiettivo del volume, come afferma nella nuova introduzione lo stesso Dumézil, era volto "a dissodare, a sviscerare il maggior numero possibile di fatti comparativi sui quali rifletteranno i nostri successori", non v'è alcun dubbio che esso sia stato pienamente raggiunto.
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