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scheda di Sozzi, M., L'Indice 1991, n.10
È uno Spinoza inedito quello che ci offre questo libro di Deleuze, osservato attraverso gli scolii e i corollari dell'"Ethica" più che attraverso i teoremi e le dimostrazioni: lo spunto per una riflessione di grande attualità sul divenire e sulla ragione. L'aspetto più seducente del pensiero di Spinoza è infatti oggi, per noi, l'universo immanente che egli costruisce, nel quale corpi e individui sono definiti non in base alla loro forma o funzione, ma in quanto capaci di essere affetti e di produrre affezioni. Anche la gnoseologia è concepita da Spinoza in stretto legame con l'affettività: non si possono infatti avere idee "adeguate" (vere) se non mediante l'esplicazione della nostra potenza di agire e dunque di comprendere. Tale potenziamento di essere è inattingibile senza l'affetto di gioia, 'conditio sine qua non' della conoscenza. Procurare la gioia attraverso l'incontro positivo con "modi" a noi convenienti è dunque lo sforzo specifico della ragione. L'"Ethica" di Spinoza, proprio in quanto dà tanta importanza agli affetti, può essere definita come etologia, non certo come morale: scienza pratica dei modi di essere, non sistema di prescrizione e divieto. L'immanenza, universo musicale costituito da movimenti dinamici e affettivi, privi di tensione per la forma o il soggetto, è il luogo naturale degli individui di Spinoza: lo spinozismo diviene così innanzitutto un modo di essere e sentire, prima ancora che una filosofia, e Hölderlin, Kleist e soprattutto Nietzsche sono più spinozisti di Goethe ed Hegel.
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