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Le difficoltà di un legame solo sussurrato, un amore mai accettato fino in fondo e scivolato via lieve tra le dita. Finale doloroso.
Non è un romanzo, è un'esperienza di vita raccontata da una bravissima scrittrice, capace di presentare i fatti senza risparmiare nulla al lettore, né la bellezza, né le brutture, né la routine della vita umana.
"E davvero accadde. E fu contro natura. E davvero vorrei sapere che cos'è la natura” Margaret Mazzantini dà il meglio di sé in questo romanzo ipnotico, che si snoda in percorsi ostinati e contrari, mentre va in scena il dramma dell’essenza e dell’esistenza. Non si è mai forti abbastanza per essere se stessi! Due storie, due vite separate da un vecchio elegante ascensore di mogano. Tra vergogna e violenza, abbandoni e ritorni, attrazione, rifiuti e pentimenti si snoda il dramma della vita-diversa. Giulio e Costantino scoprono e vivono il loro amore eclettico e inquieto, che si imporrà prepotentemente e puntualmente, nonostante i tentativi di una “vita-altra”. Un libro che fa male, come un pugno allo stomaco, eppure non avresti mai voglia di terminarlo o di chiuderlo! Una penna decisa e feconda, che scava nell’anima, spesso devastandola. Una scrittura audace, che sembra voler rivendicare il diritto della Letteratura di risvegliarci dal torpore di inutili pregiudizi, intrisi di perbenismo e pseudo-moralismo. Trovo straordinaria la capacità della Mazzantini di trovare una vita pulsante e scalciante proprio nei reconditi angoli del mondo e dell’anima. Trovo eccezionale la sua voglia di comunicare l’inquietudine di una singola e sofferta diversità. Un romanzo che trasporta in viaggi pregni di caleidoscopiche suggestioni. Un romanzo che narra di una Roma ventriloqua e di una Londra stravagante. Una grande prova di scrittura e narrazione, che dimostra il grande talento della sua autrice. È un viaggio nell’Io, intriso di Noi, mentre il mondo scaglia il suo “j’accuse” nei confronti di ciò che non è lecito, perché immorale. Eppure il vero Splendore abita in ogni singola e sofferta diversità!
Recensioni
Un libro che fa male, come un taglio in bocca, un’afta che non si riesce a fare a meno di stuzzicare con i denti. È un dolore che stilla gocce di piacere, quello che esce da queste pagine durissime eppure intrise di lirismo assoluto. La scrittura forbita di Margaret Mazzantini, ricca di iperboli e grandi volute, si asciuga e si affina in questo suo ultimo romanzo, diventa liscia, cristallina eppure rovente come piombo fuso.
Dopo Non ti muovere, Venuto al mondo, Nessuno si salva da solo, tutti romanzi incentrati su tematiche forti, storie di guerra, sentimenti laceranti, crepuscoli e traumi, l’autrice crea in queste pagine un grandioso romanzo di formazione, che supera i limiti della vicenda biografica per spaziare nella descrizione di due intere esistenze, dall’infanzia fino alla maturità.
I protagonisti di questa storia sono due ragazzi, Guido e Costantino, che abitano nello stesso condominio, in una Roma anni Settanta sontuosa e decadente. Il primo, figlio di buona famiglia borghese, vive al quarto piano, protetto da un ambiente di altero distacco. Il secondo, figlio del portiere, vive nel seminterrato, avvolto nel suo tanfo di cavolo e fumo. Mai due infanzie sono state tanto contigue quanto distanti. Guido vive in un completo isolamento, affidato a balie provenienti da Paesi sconosciuti. Suo padre è un dermatologo incapace di comunicare, sua madre Georgette è una figura superba di una bellezza selvatica e vuota. A illuminare i suoi occhi sul mondo soltanto suo zio Zeno, un critico d’arte che vive nel suo mausoleo, circondato da falsi mezzi busti, al piano di sopra. Guido inizia a pensare al suicidio a dieci anni, non lo farà mai, ma passerà tutta la vita a cercare di farsi del male.
Costantino è coriaceo, corporeo, aggressivo, caparbio. Gioca nella squadra di pallanuoto, studia con ostinazione ma con scarsi risultati, non brilla mai, non emerge, è il rifiuto della società, isolato dai compagni per la sua povertà, per i suoi jeans rimessi a nuovo e i suoi maglioni sformati. Guido e Costantino sono separati da un vecchio, elegante, ascensore di mogano. Le loro vite procederanno parallele e di pari passo, ma sempre secondo un tormentato rapporto di amore e odio. Sarà attrazione carnale, rifiuto, pentimento. Sarà vergogna e violenza, ma anche tempo e distanza. Con gli anni si separeranno e si ritroveranno, ci sarà un matrimonio a Londra, ci saranno altri lungofiume sulfurei e notti passate a cercare dita umide, ci saranno altre case con altre mogli e un’infinità di bottiglie e peccati. Reduci prima ancora di combattere la loro battaglia, Guido e Costantino sono due personaggi che entrano nel sangue del lettore, avvelenandolo.
Un romanzo che è un grande, trionfale, omaggio all’amore omosessuale. Una superba prova di scrittura da parte di un’autrice che ha saputo cogliere le sfumature di un sentimento ibrido, violentemente maschile eppure intensamente femmineo. Scritto in prima persona, dal punto di vista di Guido, questa storia scandalizza e rompe il muro dell’ipocrisia. Come i grandi romanzi ottocenteschi, da Dostoevskij in poi, rivelano la natura umana, così Margaret Mazzantini arriva a mostrarci, attraverso le vite dei due protagonisti, la “contro natura” umana e il suo splendore impossibile.
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