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Ho iniziato ad ascoltare Guccini comprando questo album, ero un'adolescente. tutte belle canzoni ma ce ne sono due che amo sopra ogni altra cosa: Stagioni e Don Chisciotte.
Il disco è di valore molto diseguale: c' è qualche buona canzone, come "Inverno '60", forse la migliore del disco, sicuramente la piu' originale: Guccini riesce a trasmettere tutto il senso di tristezza e di noia che traspare da una domenica sera d'inverno in un night-club; non male anche "E un giorno...", dedicata alla figlia (nel frattempo diventata eminente "guccinologa"). Ma non mancano canzoni mediocri o scadenti: "Primavera '59" ricorda i testi che Vecchioni scriveva negli anni '70 per i Collage o gli Homo Sapiens: "E credevate che sarebbe stato eterno quell'amore, / quel fiore non avrebbe mai visto l'inverno, / quel giorno non sarebbe mai mutato in sera, / per voi sarebbe stata sempre primavera. Adesso dove sei bimba d'allora, coi tuoi 16 anni e il tuo sorriso?", ma un testo cosi' cantato da un omone come Guccini con tanto di barba brizzolata "fa un po' senso". Quanto a "Addio", tra i tantissimi limiti della canzone - che sono poi i limiti di un anziano cantautore che guarda dall'alto degli Appennini lo sgretolarsi dell'armamentario ideologico di 30 o 40 anni fa - vorrei far notare come il finale: "Tu, ipocrita uditore, mio simile, mio amico" è una ripresa - con notevoli effetti di comicità involontaria - dell' ultimo verso della poesia con cui Baudelaire apre i suoi "Fiori del male": "Hypocrite lecteur, mon semblable, mon frère".
Forse il disco piu' rappresentativo del Guccini di oggi: accanto a qualche buona canzone (in cui svolge i temi suoi propri: il ricordo, il quotidiano, la fatica di vivere), ve ne sono di decisamente mediocri : la canzone che dà titolo al disco, "Stagioni", col suo finale ingenuo e trionfalistico, potrebbe al massimo servire da inno per una di quelle manifestazioni di protesta al sabato pomeriggio, quanto a "Primavera '59" mi crea una sgradevole sensazione di imbarazzo, tipica di quando sento persone di una certa età rievocare i loro primi amorucci. Ma è "Addio" la vera e propria summa dei limiti del Guccini odierno: si va dall' anatema contro "il villaggio globale" (cui tacitamente si contrappone la retorica dello schietto paesino appenninico), alla divisione del mondo in buoni ("sinistra") e cattivi ("destra") (sorprendente da parte di chi canto': "negli odi di partito Dio è morto") fino alla piccola filippica contro "le magie di moda delle religioni orientali che qui da noi nascondono solo vuoti di pensiero". Soffermiamoci un attimo su questo "verso": vi traspare il solito luogo comune da ben informati: le religioni orientali sarebbero "vuoto di pensiero" "qui da noi", mentre là da loro invece si' che... Se incontrassi Guccini mi piacrebbe chiedergli cosa sa veramente di queste "religioni orientali" e della loro presenza din Occidente, quali libri ha letto: ma forse - data la mia passione e ammirazione per quel grande cantautore che fu negli anni '70 - mi tratterrebbe il timore di metterlo in inbarazzo.
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