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Anno edizione: 2012
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recensione di Battelli, G., L'Indice 1997, n. 3
Da quando, nel dicembre 1995, venne segnalato su queste pagine l'aprirsi di una nuova stagione di studi dedicati al Vaticano II, due avvenimenti di rilievo sono intervenuti l'uno ad arricchire e l'altro a impoverire la situazione allora registrata. Il primo è stato rappresentato dalla pubblicazione del primo e secondo volume della "Storia del concilio Vaticano II" diretta da Giuseppe Alberigo. Il secondo è coinciso con la scomparsa nel dicembre 1996 di Giuseppe Dossetti: protagonista dello stesso Vaticano II e fondatore e ininterrotto punto di riferimento - anche dalla Palestina - di quell'Istituto per le scienze religiose di Bologna che ha concepito e dirige, nella persona di Alberigo, la "Storia" sopra ricordata. Senza la ininterrotta autorevole presenza di Dossetti, del quale proprio mesi orsono è stata pubblicata una raccolta di interventi e valutazioni riguardanti il concilio ("Il Vaticano II. Frammenti di una riflessione", a cura di F. Margiotta Broglio, Il Mulino, 1996), l'Istituto bolognese non avrebbe forse coltivato con tanta encomiabile caparbietà la memoria storica del Vaticano II, sino a concretizzarla nel progetto attualmente in corso. Un progetto che nel suo stesso obiettivo dichiarato - ricostruire l'evento conciliare più che analizzarne l'elaborazione dottrinale - appare assai vicino alle convinzioni espresse da Dossetti ancora nell'ottobre 1994: "Ecco dunque come il cuore di Papa Giovanni ha concepito, ha pensato, ha voluto il Concilio: non tanto come un'assise normativa, ma piuttosto come uno spettacolo cosmico, un evento".
Del concilio-evento i due volumi della "Storia" sinora editi analizzano rispettivamente la fase preparatoria (dall'annuncio dato da Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959 sino alla vigilia dell'apertura l'11 ottobre 1962) e la prima parte dei lavori (dalla ricordata apertura alla ripresa nel settembre 1963: comprendendo, dunque, sia la piena attività del concilio nell'ottobre-dicembre 1962, sia la prima intersessione che tra il dicembre 1962 e il settembre 1963 vide al lavoro soprattutto i membri delle commissioni conciliari).
Nonostante lo sforzo compiuto per omogeneizzare il più possibile tra loro i singoli contributi e quasi offrire al lettore l'impressione di trovarsi di fronte non tanto a un'opera miscellanea quanto all'impresa solitaria di un singolo studioso - l'esordio di ogni saggio è privo del nome dell'autore e lo stesso criterio è stato adottato nei titoletti a capo pagina e nell'indice-sommario finale -, è percepibile uno squilibrio qualitativo tra alcuni studi più densi e decisamente validi, attorno ai quali ruota di fatto ciascuno dei due volumi, e altri più semplicemente descrittivi che finiscono con lo svolgere una mera funzione di cerniera cronologico-problematica tra i precedenti. Esito questo forse inevitabile, considerando la grandiosità del progetto a fronte del dislivello delle collaborazioni.
Il ricorso a materiali sinora indisponibili, costituiti soprattutto da alcuni diari privati di padri conciliari e di teologi - meritano particolare attenzione quelli del gesuita olandese Tromp e dei domenicani francesi Congar e Chenu (il diario del quale è stato pubblicato con buon metodo dal Mulino nel 1996) -, era stato segnalato nelle presentazioni del progetto come uno dei suoi aspetti qualificanti. La verifica che ora si può fare consente senz'altro di riconoscere che l'allargamento della base documentaria ha offerto agli autori dei due volumi la possibilità di uscire in più di una circostanza dalle strettoie delle fonti ufficiali o di quelle private già consultabili negli anni scorsi, ma suggerisce anche che il passo avanti conoscitivo che forse con troppo ottimismo ci si aspettava non è ancora del tutto avvenuto.
Ciò che adesso appare in buona parte svelato è soprattutto l'intreccio di contatti, spinte e iniziative informali che costituì lo scenario sotterraneo del concilio, e accanto a questo le reazioni suscitate in taluni protagonisti o semplici osservatori della cerimonia di apertura dell'11 ottobre 1962, dalle prese di posizione dei leader del concilio, dai primi contrasti tra maggioranza e minoranza conciliare. Nondimeno gli interrogativi che riguardavano ad esempio alcune scelte del pontefice Giovanni XXIII - dallo spazio lasciato alla curia romana nella preparazione del concilio, alla promulgazione della "Veterum sapientia", alla consapevolezza sui tempi e modi di svolgimento dell'assise conciliare - restano tali. Ne è probabile causa anche il fatto che, nonostante le lusinghe nei confronti del suo riordinatore Carbone (del quale si diceva nel volume. "Il Vaticano II fra attese e celebrazione", a cura di Giuseppe Alberigo, Il Mulino, 1995, che "onorava" il mandato ricevuto da Paolo VI e curava "amorevolmente" il materiale affidatogli), l'archivio del concilio è tuttora agibile agli studiosi solo con criteri che certo non facilitano ricerche di ampio spettro.
Guardando all'intero progetto, previsto in cinque volumi - uno per la preparazione e uno per ciascuno dei quattro periodi di piena attività del concilio a Roma -, ci si troverebbe dunque a questo punto a poco meno della metà del cammino. In realtà il peso del "già fatto" rispetto al "da farsi" cambia a seconda della visuale nella quale ci si colloca. Se ad esempio ci si ponesse nella prevalente prospettiva di un'analisi dei documenti emanati dal concilio allora si percepirebbe la sensazione di trovarsi in certa misura ancora agli inizi del percorso, dato che nel primo periodo (ottobre-dicembre 1962) non venne approvato in modo definitivo alcun testo. Ma se al contrario ci si propone, come nel caso della presente "Storia", l'obiettivo di fissare dal punto di vista storiografico soprattutto l'evento, allora la ricostruzione fin qui effettuata acquista un rilievo ben maggiore e, alla luce di quanto affermato da Alberigo in uno dei volumi preparatori, sembra anzi diventare la parte più significativa dell'intero progetto.
Scrive infatti Alberigo, dopo essersi soffermato sulla ripresa del concilio nel 1963 e sul ruolo svolto nello stesso da Paolo VI: "Sembra corretto ritenere che, mentre l'intenzione di Giovanni XXIII ha inciso in misura unica sulla fisionomia del concilio come evento, l'apporto di Paolo VI ha segnato soprattutto la redazione delle sue decisioni".
Considerazioni come la precedente, se prese troppo alla lettera, potrebbero portare al sospetto che se questa Storia mira soprattutto a ricostruire il concilio-evento, e tale aspetto del Vaticano II viene soprattutto ascritto all'intenzione di Giovanni XXIII, allora la scomparsa di questi nel giugno 1963 esaurisca in certa misura - per il gruppo di ricerca coinvolto nell'iniziativa - il vero concilio e apra le porte a una sorta di concilio minore, gestito da Paolo VI e condizionato dalla ricerca a tutti i costi di esiti dottrinali di compromesso.
In realtà proprio i due volumi editi dimostrano - ed è questa una delle loro caratteristiche più interessanti - come la "Storia" registri al proprio interno delle chiavi interpretative diverse. C'è infatti chi considera la curia romana come un tutto compatto e chi invece ne coglie le articolazioni interne. C'è chi non ha pressoché alcun dubbio nell'interpretare le scelte di Roncalli e chi ne ha più d'uno. C'è chi vede infine un concilio che cresce e va verso una propria più chiara messa a fuoco degli obiettivi e chi già lo intravvede in procinto di calare e spegnersi nella routine. Questa varietà di interpretazioni su aspetti che l'attuale documentazione non consente di affrontare in modo risolutivo mi pare di buon auspicio.
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