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Il titolo originale del libro (Devant le temps) impone il concetto di tempo all'attenzione del lettore, ma è sempre l'immagine a essere al centro dell'opera di Georges Didi-Huberman: un'immagine aperta, dinamica, complessa, sovradeterminata, che il tempo euristicamente attraversa, scompone e riconfigura secondo modelli impuri e anacronistici, presentati in questo volume nella speranza che possano condurre al rinnovamento dello statuto, del metodo e del compito della storia dell'arte in quanto disciplina.
Il punto di partenza è duplice: distanziarsi dal credo panofskyano della "storia dell'arte come disciplina umanistica" e, sulle orme di Michel Foucault, ripartire da un'"archeologia critica della storia dell'arte" per arrivare ad "aprire il metodo" storico-artistico. Presa di posizione che rifiuta la "consonanza eucronica" (la storia come un semplice processo continuo e omogeneo) delle interpretazioni "iconologiche" delle opere e del passato e si schiera dalla parte dei pensieri critici e teorici che hanno affermato la necessità dell'anacronismo come modello temporale interpretativo della storia, intesa come dinamica e variegata combinazione di differenti temporalità, e hanno riconosciuto la sua importanza per l'analisi delle immagini e la corretta comprensione della loro eterogeneità e complessità.
Secondo Didi-Huberman, la "mutazione epistemologica" di cui la storia dell'arte ha bisogno, ovvero quel radicale rovesciamento prospettico per il quale la storia da punto fisso diviene serie di movimenti e lo storico da padrone della storia ne diventa il destinatario, è stata realizzata da un piccolo gruppo di storici tedeschi dei primi decenni del Novecento: pensatori indipendenti fautori di opere e idee che vanno oggi riconsiderate e riattualizzate. Tre gli studiosi a cui Didi-Huberman fa particolare riferimento: Aby Warburg, Walter Benjamin e Carl Einstein, che condividono il fatto di aver posto l'immagine al centro della loro indagine storica e di essersi avvalsi di una nozione di tempo animata dalla "nozione operativa di anacronismo" e di quella psichica di inconscio. Di questi autori Didi-Huberman rivivifica alcuni strumenti che ritiene determinanti: il concetto di sopravvivenza, alla base di un modello temporale fatto di ritorni, rimozioni, cesure e latenze; la concezione delle immagini come "energie attive e vitali", campi di forze risultanti di un'eterna polarità tra due elementi contrapposti ma dialetticamente conciliabili; l'introduzione dell'inconscio come oggetto storico; la definizione della storia dell'arte come "lotta" e punto di vista allargato, antropologico e aperto su quel "campo di forme" informe e in continuo divenire che è l'arte.
La posizione teorica di Didi-Huberman ha ampiezza e ripercussioni che vanno al di là della storia dell'arte e riguardano l'immagine in tutti i suoi aspetti. La "scommessa" di questa opera vuole essere insieme archeologica, anacronistica e prospettica: una ricerca dei fondamenti, un'ipotesi di lettura e la formulazione di un modello interpretativo che reinventa "un valore d'uso a concetti segnati dalla storia (
), ma che possono rivestire oggi una qualche attualità nel dibattito sulle immagini e sul tempo". Marta Grazioli
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