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recensioni di Geymonat, F. L'Indice del 2000, n. 01
Rosa Casapullo colma il vuoto relativo ai primi secoli di cui soffriva la Storia della lingua italiana diretta da Francesco Bruni. Destinato a studenti universitari, il volume comprende una parte storiografica, un'antologia e degli esercizi.
Nella prima sezione si considera l'ipotesi secondo la quale il latino era letto riconducendolo al volgare degli uditori; è discussa l'applicabilità del concetto di diglossia al Medioevo; il passaggio da un latino che presenta fenomeni romanzi a scritture in volgare è scandito dalle tappe suggerite da paleografi e filologi: registrazione estemporanea della nuova lingua, lento maturare della consapevolezza delle sue possibilità d'uso. Quanto al disomogeneo quadro linguistico italiano, Casapullo crede poco alle lingue franche e volge l'attenzione al parlato che trapela in formule testimoniali e scritture di carattere pratico, affrontando la questione del primato regionale nell'uso del volgare. Latino e romanzo convivono nei testi d'ambito giuridico fino a metà Trecento, dal che consegue un'uniformità lessicale panitaliana esaltata dall'occultamento dei tratti locali che si verifica nei documenti pubblici. Comune a tutt'Italia anche il formulario delle lettere mercantili (Casapullo non trascura l'organizzazione del discorso nella prosa antica: negli esercizi si offrono a un'analisi della struttura argomentativa riscritture come il Flore de parlare rispetto alle Arringhe di Matteo dei Libri, il volgarizzamento del Dialogo di san Gregorio di Giovanni Campolo di fianco a quello di Cavalca con la trasposizione in genovese, il capitolo sull'unicorno di Vivaldo Belcalzer e il corrispondente nella traduzione pisana del Bestiaire d'Amours). Anche i libri scolastici (grammatiche ed eserciziari, conservati in aree periferiche della penisola per isolamento più che per passione) e i manuali di ars dictandi su modello latino trascendono la dimensione locale.
La cura per il dato concreto porta a presentare le scritture contabili con dettagli sulle modalità di registrazione; l'interesse linguistico di questi documenti è esemplificato con l'analisi comparativa dei costrutti "-tura" + complemento diretto (tipo "cocitura lo pane") o "-tura" + sintagma preposizionale (tipo "tissitura di lu pannu"), estendendo all'eugubino e al siciliano uno studio relativo al toscano di Kathleen Loach Bramanti.
Del vario intreccio delle scritture narrative, tra fonti comuni, traduzioni e rifacimenti di testi latini o francesi, è dato conto con chiarezza; spiccano le osservazioni sull'ordo artificialis di aggettivi e avverbi documentate con la banca dati Letteratura italiana Zanichelli. Denso il paragrafo relativo alla complicata tradizione testuale dei bestiari; né sono trascurate improvvisazioni culturali come il volgarizzamento pisano del Bestiaire d'Amours (in apertura del brano antologizzato si nota "àe intra 'nburo le corna li orechi sì forte" che traduce "a un cor entre lez deus oreilles si fort"); d'altro canto, Angelo di Capua traspone in siciliano il compendio dell'Eneide di Andrea Lancia e trasforma Anna serocchia di Didone in una minacciosa sochira, "suocera".
Al passo con i tempi il capitolo su Le scritture esposte (epigrafi, cartigli, iscrizioni tombali, colonne d'infamia), visto l'attuale interesse di linguisti e paleografi. Lo stesso si dica dei testi scientifici e tecnici (non si può colpevolizzare Casapullo per aver ricondotto le Questioni filosofiche, ancora inedite, ad Arezzo, secondo un'ipotesi di Gianfranco Folena: il trattato pare invece composto presso il lago di Bolsena, come suggerisce Giuliano Tanturli in "Studi di filologia italiana", 1978). Tecnicismi comuni a tutt'Italia sono esemplificati con il lessico matematico, e una pagina di operazioni aritmetiche è antologizzata dallo Zibaldone da Canal.
Musica e poesia, dalla rigatura che accompagna il Cantico di Francesco d'Assisi nel manoscritto più antico alla notazione che fa da sfondo ai due componimenti di fine secolo XII pubblicati da Alfredo Stussi in "Cultura neolatina", 1999, fascicoli 1-2 (a Casapullo non è sfuggita l'anteprima apparsane sui giornali); fino alla poesia per musica trecentesca.
La seconda parte, antologica, propone venti testi due-trecenteschi e un atto di donazione dell'823 che testimonia, attraverso il filtro del latino medievale, tratti del volgare lucano. Nei cappelli introduttivi cenni alla tradizione testuale e una sistematica analisi linguistica, spesso contrastiva rispetto al toscano; in calce ai brani osservazioni lessicali. Spiccano l'attenzione dedicata al valore fono-morfologico di "-s" e a quello delle vocali finali restituite nei testi settentrionali; le precisazioni sul valore delle grafie conservative dei nessi di consonante + "l" nelle scritture napoletane; l'accenno all'ipotesi di una flessione bicasuale per "che" / "chi" in antichi testi centro-meridionali; la cura per i costrutti preposizionali; le osservazioni sulla dislocazione del possessivo. Il volume rivela passione per il contatto tra le lingue anche nell'analisi dell'ultimo brano antologizzato, un estratto del testamento che il messinese Pino Campolo dettò a Venezia affiancato dalla traduzione fattane dai Procuratori di San Marco.
Nella parte antologica è stata tralasciata la discussione di luoghi critici, sebbene Casapullo abbia a volte controllato i codici. Omaggia l'aspetto filologico della storia della lingua l'esercizio 10, che propone le redazioni della prima strofa di Madonna dir vo voglio dei Memoriali bolognesi e dei tre grandi canzonieri manoscritti (il valore delle parentesi tonde, qui spiegato, andrebbe chiarito già a p. 391, dove compare il primo brano nel quale la convenzione editoriale è applicata). Notevole l'esercizio 11, che richiede l'analisi intertestuale di un sonetto di Nicolò de Rossi in base alle banche dati Letteratura Italiana Zanichelli e Archivio della tradizione lirica.
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