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Gli autori di questo libro hanno voluto evitare di cadere nella più banale e stucchevole delle celebrazioni. Escono dai limiti della sfera produttiva, arrivando a delineare una storia sociale dell’automobile. Il materiale fotografico presentato manca a volte di respiro, spesso proviene dall’industria stessa che si autorappresenta cercando di aderire agli stereotipi sociali del momento. Le verità più preziose vanno cercate allora nei messaggi che le immagini tentano di trasmettere, o in aspetti in apparenza marginali. Si prenda la condizione dei lavoratori nella fabbrica: emancipazione e subalternità si alternano più che intrecciarsi, spesso l’una o l’altra tendenza prevalgono senza che si possa dire quanto la rappresentazione sia giusta; l’operaia addetta "alla lavorazione degli elementi radiatori" è dotata di un grande fascino, come lo statuario lavoratore addetto alla pressa sbavatrice: e siamo negli anni trenta; l’impronta artigianale è ancora fortissima nel 1901 tra le "maestranze nei padiglioni delle officine Fiat di corso Dante"; in altri casi l’immagine è quella di un esercito paziente e umile. Una più verosimile mistura di emancipazione e subalternità è raramente fissata nelle immagini. Perché è estranea all’ottica dei fotografi, si direbbe. Anche la civiltà dell’automobile è vista in un alternarsi di momenti gloriosi e di risvolti negativi, mentre sono rare le rappresentazioni intermedie: due, tre immagini soltanto mostrano le famiglie stipate nelle utilitarie per le vacanze, casa che si sposta, libertà e costrizione insieme, avventura minima con gravi, imprevedibili rischi... Forse, per uscire da una troppo stretta aderenza a un repertorio che ancora popola i nostri sguardi, sarebbe stato opportuno dedicare una maggiore attenzione ai miti che hanno accompagnato la vicenda storica dell’automobile: le piccole marche, i modelli inaccessibili ai comuni mortali, le fuoriserie o le spider, le figure dei corridori... Argomenti simili sono richiamati qua e là nei saggi introduttivi, ma non tornano o non sono adeguatamente valorizzati nell’iconografia, che è stata suddivisa in quattro parti: le origini, lo spazio interno (la fabbrica), lo spazio esterno (le strade, le città), la società e il costume; un’appendice formata da sedici figure in tutto è dedicata all’immaginario "nella promozione Fiat". I testi con i quali il volume si apre occupano un’ottantina di pagine. Marco Revelli sviluppa il tema del fordismo italiano. Adriana Castagnoli esamina la varietà delle modulazioni assunte dal rapporto dell’industria automobilistica con il territorio, a Torino, a Milano e in altri contesti. Pier Luigi Bassignana avvia un discorso sull’immaginario che sembra avere il suo limite in un idoleggiamento dell’auto come oggetto: al di là della trasfigurazione, è invece la natura
recensioni di Carpinelli, G. L'Indice del 1999, n. 07
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