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Ampia antologia di passi di riflessioni sul tempo, da Platone al Novecento, Storie del tempo è anche una lunga introduzione, molto piacevole da leggere, alla storia dell'idea di tempo nella cultura occidentale. Le sezioni del volume armonizzano considerazioni psicologiche, sociologiche e filosofiche riflessioni di storia della scienza, in un campo d'indagine molto vasto, che riguarda discipline disparate come la fisica, la cosmologia, la biologia, la letteratura, l'arte, il cinema, il fumetto, l'aneddotica, la mitologia e la religione.
Redondi inizia con l'esporre e difendere una tesi ideologica: nel mondo odierno siamo incapaci di rapportarci al tempo, lo vediamo come un nemico, un'entità che ci lega e regola dall'esterno. Alla base di questo rapporto "ostile" vi è una concezione del tempo come successione lineare, legato all'idea di casualità delle scienze moderne e alla divisione "convenzionale" delle ore della giornata in segmenti uguali. Tali aspetti differenziano profondamente l'idea moderna di tempo da quella antica e medievale, non soltanto perché il modello di tempo nel mondo antico era l'avvicendamento circolare e "naturale" delle fasi dell'anno, ma soprattutto perché la concezione antica e medievale si basava su un'idea "elastica" delle ore. Le ore nel mondo antico erano modellate sui cambiamenti stagionali di ore di luce, e non venivano segmentate da una misurazione imposta dall'esterno; piuttosto, si "adattavano" alle stagioni, durando di più d'estate, e di meno d'inverno.
Come, dunque, è avvenuto il passaggio dal "tempo degli antichi e dei medievali" al "tempo dei moderni"? E perché si è iniziato a sentire il bisogno di dividere il giorno in ore uguali? Redondi vaglia numerose ipotesi avanzate e la loro plausibilità. L'affermarsi delle religioni monoteiste; il ruolo di sant'Agostino, che per la prima volta tematizza espressamente un "tempo personale" contrapposto a un tempo collettivo; la diffusione, nei monasteri di un ideale di vita regolata dalle ore di lavoro e di preghiera; il declino del modello di vita rurale e il trionfo delle città mercantili, in cui la "contrattazione" sulle ore di produzione diventa centrale. Ma è soprattutto sul bisogno di misurare il tempo che sta alla base della scienza moderna che Redondi si focalizza, in un lungo excursus su Gallileo, Huygens, e Newton. Proprio la "laicizzazione" della scienza newtoniana, a opera di Hume e Kant, trasforma il tempo in un'entità misurabile, uniforme, simmetrica, e reversibile. Questa immagine del tempo inizia però a vacillare nell'Ottocento, con l'idea di direzionalità del tempo implicita nella biologia evoluzionistica. Il Novecento, con l'evoluzione creatrice di Bergson e il tempo "irreversibile" della relatività einsteniana e dell'espansione delle galassie, apre la strada a una visione più critica del "nuovo" tempo e agli studi di Jean Piaget e Paul Frasse sullo sviluppo psicologico della concezione del tempo. Giuliano Torrengo
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