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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2019
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Conoscevo Revelli per altri suoi libri, per la sua storia di ufficiale alpino nella campagna di Russia, per il suo impegno partigiano, per cui ho letto ache questo libro non immaginando quello che avrei provato. Mio padre è stato prigioniero dei tedeschi per quasi due anni ed era coetaneo della maggior parte degli intervistati da Revelli. Si sa molto della disfatta dell'Armir, delle terribili marce per uscire dalle sacche sovietiche, dell'accoglienza a dir poco fredda all'arrivo in Italia dei pochi scampati, ma -almeno io- non conoscevo quasi nulla dei prigionieri italiani dei russi: sapevo del ritorno di un numero minimo rispetto a quello iniziale. Questo libro invece ci apre uno scorcio enorme sulla sofferenza patita da quei nostri soldati prigionieri: il denominatore comune è la fame, i pidocchi, il freddo, i congelamenti. Escluso un medico e un ufficiale, gli altri sono tutti contadini o operai, giovani mandati a morire senza motivo, e oltretutto senza armi ed equipaggiamenti adatti. Tutto questo dopo aver subito già una disfatta in Albania contro i greci. E c'è ancora qualcuno che pensa con nostalgia al fascismo.
Meravigliosa e dolorosa collezione di interviste ai reduci quindi ai protagonisti della disfatta italiana in russia. Il loro linguaggio semplice e sincero, gli errori storici che ancora oggi non hanno corretto, l'umanità di gente semplice mandata a morire ti catturano e ti inchiodano alle loro memorie. A mio giudizio non c'è libro migliore per intuire quel che accadde nella vita di chi era la.
raccolta di toccanti testimonianze degli alpini della Divisione CUNEENSE, fronte del Don, 1941/43, racconti di gente semplice, contadini, gente pulita, che ha avuto la vita segnata e condizionata dalla terribile esperienza vissuta nella tragedia della ritirata, e dei campi di prigionia russi.
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