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"Riuscirò mai a darmi pace, a trovare un qualche senso al groviglio di emozioni irrisolte che, implacabili, ostinate, mi riportano a quell'egiziana Alessandria donde provengo?" Il musicologo Paolo Terni ritorna con questa narrazione al "tanto sognato giardino di un'infanzia distratta", tentando un recupero nella memoria in grado di riportare alla luce, salvandoli per sempre, profumi e suoni, sussulti e carezze, e di rendere nuovamente vive e vere le emozioni degli anni giovani, i sorrisi delle persone scomparse, gli episodi più allegri o commoventi recuperati dalla nebbia che li aveva avvolti. "Come dal finestrino d'un treno in corsa, i pensieri, illusoriamente riconoscibili, appena prendibili, guizzano via da una coscienza fattasi liquida, acquorea..." Ricordi che "continuano a passare, rapidi, a gruppi o isolati, nel liquido amniotico e colloidale della memoria", a volte contrassegnati da una musica. Ecco quindi le musiche "alessandrine", voluttuose, decadenti, che Paolo Terni ritrova soprattutto nei maestri francesi (Massenet, Berlioz, Debussy, Satie, Franck, Ravel e Poulenc) , così gravidi di "pudica impudicizia", e così straordinari nel restituire atmosfere un po' ambigue, effimere e molto sensuali. Recuperando e riannusando odori egiziani, Paolo Terni arriva a rivelare al lettore un suo improvviso e inaspettato turbamento sentimentale, provocato da un'amicizia con un giovane attore che gli provoca "un'insolita inquietudine", a cui infine decide di cedere con benevola indulgenza: "come miraggio, mi lasciava intravvedere confusamente, in lontani orizzonti, una sorta di struggentissimo Eden. E io, al timone, a sognare sublimi mappe e inventari,...nuovi percorsi, anche sofferti", capaci di "animare con rinnovati brividi vitali lo stanco Mar Morto della mia coscienza". La musica, ascoltata e raccontata, sa compiere anche questi miracoli.
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