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"On the road" è considerato uno dei più grandi romanzi americani di tutti i tempi, un romanzo che ha segnato una generazione: la 'beat generation', quel gruppo di poeti, artisti, scrittori che ha solcato le strade degli Stati Uniti negli anni '40 e '50, contribuendo in un certo senso a cambiare la mentalità di un'intera nazione. E "On the road" ne è il manifesto. La follia, la sregolatezza, il gusto nella ricerca dell'eccesso tramite viaggi infiniti, l'abuso di alcol e droghe, il piacere del sesso. Con il proprio capolavoro Kerouac dipinge un vero e proprio affresco che rappresenta il cuore pulsante dell'America 'beat, underground' degli anni '50. E lo stesso Kerouac ne è un personaggio. Tutte le avventure narrate sono state infatti vissute sulla pelle dall'autore del libro, che dei 'beatniks' è stato uno dei fondatori. Il suo alter-ego nel romanzo si chiama Sal Paradise, un giovane Newyorkese che accompagna l'amico Dean Moriarty in una serie di folli avventure che hanno un denominatore in comune: la strada. Ammetto che, oltrepassata la metà del libro, la lettura ha cominciato a farsi pesante... però non potevo non leggere questo libro icona della narrativa americana.
“D’un tratto mi ritrovai in Times Square. Avevo fatto tredicimila chilometri in giro per il continente americano ed ero di ritorno in Times Square; e proprio nel mezzo di un’ora di punta, per di più, a guardare con i miei occhi resi innocenti dalla strada l’assoluta pazzia e il fantastico andirivieni di New York con i suoi milioni e milioni di uomini che si prendono a gomitate all’infinito tra di loro per un dollaro, il pazzo sogno: afferrare, prendere, dare, sospirare, morire, solo per poter essere sepolti in quell’orribile necropoli dietro a Long Island City.” ― Jack Kerouac, On The Road Questo libro (o, probabilmente, dovrei dire questo capolavoro della letteratura nordamericana contemporanea) incarna la Bibbia dei viaggiatori e dei sognatori - due identità che, sovente, coincidono e, in cui, mi riconosco. Avevo 13 o 14 anni la prima volta che lo lessi e, da allora, l’intera opera di Kerouac, la sua esistenza vagabonda e il suo Genio tormentato, talentuoso, folle ed insaziabile di vita, hanno rappresentato per me una grandissima ispirazione. Jack Kerouac non è un semplice scrittore, bensì un mentore per coloro che hanno la capacità di lasciarsi alle spalle i pregiudizi e la pretesa di “capire”, e “On the Road” non è un romanzo da leggere, ma da “vivere”.
da leggere e rileggere assolutamente
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