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Anno edizione: 2016
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La strada di Willie Nelson continua, ormai, fin oltre la leggenda. Se la Route 66 è ormai un vecchio rudere del tempo che fu, buona per i turisti, quella segnata da Willie tramite una innumerevole serie di dischi, è oggi la strada musicale per eccellenza: ogni disco una città diversa, un luogo dove stare bene. A 82 anni, Willie non perde un colpo. Questa volta, dopo il recente lavoro in coppia con Merle Haggard, l'ottimo "Django & Jimmie", va a pescare nel repertorio di Gershwin, che solo in apparenza parrebbe non c'entrare nulla con il musicista texano. Chi conosce bene Willie Nelson sa che il nostro ha già inciso dischi di standard, su tutti il capolavoro del 1978, "Stardust", e che quindi, per lui, trovarsi a incidere un vero e proprio disco jazz, è quasi un gioco da ragazzi. Negli ultimi anni, poi, non sbaglia un colpo, da quando Buddy Cannon è salito in sella alla produzione. "Summertime" è quello che "Shadows In The Night" è stato per Dylan, solo che Bob ha omaggiato Frank Sinatra. Qui, Willie, va ancora più indietro, ai lavori d'imperitura fama del grande compositore di Brooklyn, e se li gioca in arrangiamenti piuttosto stringati, costruiti tutti attorno alla sua voce, ancora favolosa, a Trigger, la sua chitarra, e al piano di Matt Rollings, uno bravo, molto bravo. Un altro capolavoro, quindi? No, "Summertime", un po' a sorpresa, è solo un buon disco. La classe con cui Nelson affronta questi brani immortali è indiscutibile, ma a volte è fin troppa, a volte diventa lezioso. Quando swinga in due brani che vedono come ospiti la Lauper e la Crow, tutto diventa zuccheroso e radiofonico, il disco perde atmosfere e cala di parecchio. Non comprendo affatto la scelta di cantare quei brani con quelle due tizie. Intendiamoci, non diventa Bublè, ma non ci va lontano. Molto, molto meglio, per fortuna, quando lascia solo la sua voce e interpreta da par suo le rimanenti canzoni. Ma anche qui, tranne qualche eccellenza, mi pare non vada oltre ad un compito ben fatto.
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