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Romanzo in cui il mistero da scoprire è alieno da ogni facile danbrownismo. Lingua bellissima (anche se funestata dai troppi errori di stampa, persino nei nomi degli artisti del Rinascimento). Racconto su più piani narrativi e temporali, giocato su similarità - su doppi - tra i personaggi, alla ricerca della Bellezza. Racconto fatto di diari, ricostruzioni, appunti ritrovati, scrittori piccoli e grandi. E sullo sfondo il quadro, frammento inspiegabile dell'opera di un Demiurgo, rivelazione spiegabile o visione accecante. Venezia fa da scenario, città in cui è facile perdersi nel tempo e nello spazio.
La valutazione è data a caso per due motivi: prima di questo romanzo ho letto (errore mio) dello stesso autore "Pimpernel" che sarebbe la versione rivisitata e risistemata della "Tempesta" e quindi mi sono ritrovato a leggere un romanzo già letto. L'altro motivo è che lo stesso Maurensig ha ripudiato "La tempesta" come dichiarato dal curatore di Pimpernel a termine libro.
Questo romanzo di Maurensig, che personalmente ho letto dopo "La variante di Luneburg" e "Canone inverso", purtroppo non è neanche lontanamente all'altezza dei suoi predecessori e finisce per fiaccare il lettore in un tiepido esercizio di stile che si ripete pagina dopo pagina. L'ambientazione veneziana e gli intrecci temporali di più strati narrativi (marchio di fabbrica dell'autore friulano) possono inizialmente affascinare il lettore speranzoso di ritrovare il genio dei primi romanzi di Maurensig, ma purtroppo così non è e il libro si contorce su se stesso in tediose ripetizioni e una trama che non decolla mai.
Recensioni
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Nel suo ultimo romanzo, Paolo Maurensig ci fa penetrare ancora una volta con la sua consueta e manierata perizia nel mondo dell'arte e dei suoi misteri (e arte si può anche considerare la scienza scacchistica della Variante di Lüneburg). Questa volta è La tempesta di Zorzi da Castelfranco ad attirare il suo interesse. Riemergono i temi a lui cari del doppio, dell'incrocio dei destini, della vita come palinsesto, del gioco delle intelligenze, della bellezza. Ci troviamo nell'atmosfera rarefatta della Venezia filtrata dai viaggiatori anglosassoni (niente a che vedere con quella del palazzeschiano Doge, con le sue onnipresenti valigie e turbe turistiche), una Venezia da conoscitori e per amatori, dalle angolature inusuali, una città per happy few. Qui, tra fine Ottocento e inizio del terzo millennio si fanno eco, si rincorrono e si sovrappongono fin quasi a combaciare le vicende di due personaggi, entrambi immersi nei vapori della città lagunare per realizzare o concepire una propria opera d'arte: il narratore, nostro contemporaneo; un film tratto dal Carteggio Aspern, il celebre romanzo breve di Henry James; il personaggio fin de siècle Paul Temple, uno scrittore americano alla ricerca di ispirazione; un racconto con al centro un dipinto auratico. Entrambi i personaggi si innamorano di una giovane donna ed entrambi finiscono con l'essere calamitati dal dipinto di Giorgione. Paul Temple, in realtà, è un alter ego di Henry James e la sua storia ci viene presentata, nella seconda parte del volume, appunto come un racconto inedito, fortunosamente ritrovato, dell'autore delle Ali della colomba. Questo apocrifo, la parte migliore di questo romanzo dalla struttura en abîme, rivela un indiscutibile virtuosismo da parte di Maurensig, che riesce alla perfezione a imitare lo stile, le atmosfere, le moralità di James, con i suoi personaggi interessati all'arte e alla cultura, con le sue fanciulle americane dal destino segnato, con le sue mature donne-chaperon, con i suoi amori non consumati. Naturalmente, invece, l'amore dell'aspirante regista siamo nel 2003 e dintorni è un amore consumato: ed è proprio la donna dalla quale egli rimane folgorato, Olimpia, un'abilissima imitatrice di dipinti celebri, in particolare della Tempesta,a mettere il narratore, attraverso una serie di calcolate e predestinate coincidenze, sulle tracce dei manoscritti inediti di James, al cui centro, c'è, inevitabilmente, il misterioso paesaggio di Giorgione.
Ma il cuore del romanzo è consacrato al significato recondito del dipinto: nella prima parte se ne discute dottamente, in una sorta di cenacolo di devoti del pittore. Il gruppo, in cui si intrecciano con levità posizioni rosacrociane, alchemiche e massoniche, sotto la guida di un carismatico professore, approda a un'interpretazione ermetica, basata sull'acronimo vitriol, che ci invita a cercare nella profondità del nostro essere la pietra preziosa, la pietra filosofale. Parallelamente, negli inediti apocrifi di James, si giunge alla conclusione che il segreto adombrato da Giorgione sia quello del Sacro Amore e del potere spirituale della donna, messaggio questo come il precedente suggerimento ermetico rafforzato da una seduta spiritica in cui, a James e alla sua combriccola di émigrés americani con ibridazioni aristocratico-veneziane, si fa sentire, attraverso un fluido lattiginoso, la voce dello stesso Zorzi. Insomma, il fascino discreto dell'occulto. Con juicio.
Mario Marchetti
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