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Questo è il secondo libro della saga che leggo, sicuramente acquisterò anche il terzo, il quarto, il quinto....a parte tutto il racconto scorre bene, la storia si dipana tra le indagini svolte dal detective Hoke e la sua vita privata, incasinata all'inverosimile il tutto condito con una buona dose di cinismo e leggerezza.
non male ma Inferiore a miami blues sopratutto come trama (qua molto più fiacca) e personaggi (manca un antagonista perfido e carismatico come Junior di M.blues) comunque resta un noir/poliziesco gradevole e il vecchio Hook è sempre uno spasso
Meglio di Miami Blues; si sale di un gradino. Non è vero, non può esser necessariamente vero, che la tetralogia di Miami sia tutta allo stesso livello, e questa è la prova, condensata in un libro in cui se resta un certo stridore, è molto meno avvertibile e fastidioso che in Miami blues. C'è un "tono" - definiamolo "serrato ironico e straniato", ché può essere utile, anche e soprattutto a ricordare che Willeford non scrive gialli, thriller o crime-novel in senso stretto - più preciso e, in altre parole, anche l'incredibile e l'inverosimile divengono parte (perfetta) del gioco. E ci si diverte: Hoke Moseley (solo per l'iterazione del "romanzo a puntate"? non credo!), qui, è veramente un personaggio che "entra e resta", con tutte le sue singolarità e particolarità, degno (stavolta sì, come tutto il romanzo) di Tarantino e di Pulp fiction. L'arrivo delle figlie, Ellita, Mrs Hickey, i casi sospesi. Né troppo, né poco. Un caos che scorre bene. E sullo sfondo (questo anche in Miami blues, a onor del vero) la città Miami, descritta in modo veramente efficace, in tutto il suo (vero) squallore e caos. Grandissimo il capitolo 17, con la lezione di sesso alle figlie. Hoke sta diventando un eroe...
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