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+ la "sistematica filogenetica" introdotta dall'entomologo tedesco Willi Hennig nel 1950 tradotta in inglese nel 1966 ribattezzata "cladistica" (dal greco klados ramo) e diffusasi come un'epidemia irresistibile nella comunità scientifica anglosassone grazie all'opera pionieristica svolta nei due grandi musei di storia naturale di New York e di Londra da Gareth Nelson Colin Patterson Donn Rosen e molti altri. La cladistica si regge su una strategia epistemologica radicale: rinuncia a individuare le cause remote del processo evolutivo in quanto non verificabili; si attiene alla pura fenomenologia del dato empirico e si prefigge di scovare la struttura di parentela fra i gruppi che preveda il minor numero possibile di cambiamenti. Il "cladogramma" che ne deriva è un'ipotesi provvisoria circa le relazioni di parentela fra le specie viventi o estinte prese in esame.
Il resto sono storielle infondate "paleontologia vud·" buona per i rotocalchi. L'austerità della cladistica spazza via assunzioni consolidate: "+ in un certo senso reazionaria in quanto incorpora un'attitudine purista nella scienza e cerca di stabilire valori tradizionali scientifici come l'importanza dell'oggettività della verificabilità delle ipotesi e della natura provvisoria dei risultati". + soprattutto una scienza irriverente che liquida un secolo di ricerca paleontologica come anticaglia. Gruppi classici come i pesci e i rettili vengono declassati: non hanno nulla di oggettivo perché non racchiudono tutti e soltanto i discendenti di un unico antenato comune che abbia il set dei caratteri peculiari del gruppo. Sono soltanto insiemi di somiglianze di struttura.
La critica della ragion narrativa e adattativa della paleontologia da parte di Gee è trascinante forse anche per il suo debito evidente verso alcuni passaggi magistrali di Stephen J. Gould. Spiccano in particolare le demolizioni di tre classiche storie "epiche" da manuale evoluzionistico: la conquista della terraferma da parte dei tetrapodi; l'origine del volo e degli uccelli; la catena di progresso ominide che conduce al trionfo di Homo sapiens. Al colpo di maglio della cladistica sopravvive ben poco di queste "grandi narrazioni". Ci= su cui possiamo avere ragionevole certezza è soltanto l'insieme dei caratteri dell'antenato comune di un gruppo la sequenza dei gradi di "cuginanza" fra i gruppi e la serie dei caratteri derivati che sono comparsi a seguito della nascita di nuove specie. Il resto è un azzardo perché ci ricorda con gusto tutto gouldiano l'autore gli adattamenti del presente non sono una buona chiave di lettura per dedurre quelli del passato (in virt· del concetto cruciale di exaptation o cooptazione funzionale) e perché l'evoluzione sembra spesso procedere esplorando soluzioni adattative molteplici (cinque dita? E perché non sei sette o otto?). Scopriamo cos8 che gli arti si sono sviluppati in acqua ben prima che un vertebrato si avventurasse a "conquistare" la terraferma e che penne e piume esistevano anche prima che un dinosauro corridore prendesse la rincorsa troppo lunga e spiccasse il volo.
L'unico neo di questa apologia un po' giacobina della cladistica come metodo universale (addirittura in grado di uscire dalla biologia e di essere applicato a qualsiasi albero di discendenza) è che alcuni eccessi di pessimismo circa le capacità esplicative della paleontologia classica (equiparata a "un libro di storie per bambini") potrebbero offrire un risvolto divulgativo rischioso per chi non è avvezzo alla controversia dando l'impressione che ben poco della letteratura evoluzionistica fatta di antenati discendenti e adattamenti sia "vera scienza". La cladistica ha favorito invece un'austerity salutare che ha ripulito la disciplina da residui essenzialisti e adattazionisti le ha restituito pi· rigore grazie alle attuali filogenesi molecolari e l'ha arricchita di nuove e gustosissime storie alternative (perché anche Gee û non se ne dispiaccia û non pu= esimersi dal raccontare qui alcune bellissime storie!).
Telmo Pievani
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