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Lo studio della socializzazione ha impegnato la riflessione di Habermas poiché egli non è solo interessato a spiegare la centralità delle persone nel processo di riproduzione delle altre componenti del mondo vitale e come queste costituiscano il contesto socio-culturale dell’“ontogenesi”. Le ricerche che si collocano nel solco dell’epistemologia genetica di Piaget, Kohlberg e Selman, della psicologia sociale di Mead e della psicoanalisi freudiana rappresentano, soprattutto, un modello per la configurazione metodologica delle scienze sociali in una prospettiva “ricostruttiva”. Habermas affronta, dapprima, il problema dell’oggetto di analisi – l’individuo – nei termini della filosofia analitica del linguaggio, defi-nendo concettualmente quattro criteri di “identificazione”: il “corpo” localizzato nello spazio e nel tempo e connotato da aspetti fisici; le “capacità di intendere, agire e volere”; la “coscienza del proprio vissuto biografico”; e il “riconoscimento” dell’“identità dell’io” nella socializzazione primaria e secondaria. Alla “logica del concetto”, Habermas accosta la “logica dello sviluppo”: la teoria della “socializzazione-individualizzazione” deve, infatti, ricostruire lo sviluppo psicologico degli individui” dalla prima infanzia all’infanzia – con la risoluzione della prima crisi di maturazione – e dall’adolescenza alla “maturità” – con la risoluzione della seconda crisi di maturazione. Solo questa ricerca può confermare o meno il contenuto normativo dell’“ideale dell’io” Filosoficamente espresso dai concetti di autocoscienza, autonomia e autorealizzazione. L’acquisizione delle capacità cognitive necessarie a far luce sui propri vissuti interiori e delle capacità relazionali di agire in maniera autonoma consente all’adolescente di valutare il grado di soddisfazione soggettiva, nei vincoli delle norme sociali e dei modelli culturali. Ma lo sviluppo dell’io si dimostra essere un processo straordinariamente pieno di pericoli. All’interno di una ridefinizione comunicativa della metapsicologia freudiana.
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