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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
In questo periodo in cui tutto viene strumentalizzato politicamente ,bisognerebbe iniziare a fare conoscere ai ragazzi che frequentano la scuola secondaria libri come questo. Nonostante sia un breve racconto è intenso ,realistico , di effetto . Scritto in modo semplice con frasi brevi ,poche divagazioni...ma il messaggio arriva forte e chiaro. Leggetelo!!!
Breve libro stupendo. Leggere. Leggere.
Siamo in Afghanistan durante l'occupazione russa. Un narratore che non conosciamo osserva la scena davanti a sé e si rivolge ai protagonisti dandogli del tu. La sua non è una conversazione, in realtà, ma una descrizione di ciò che vede e di ciò che avverte nell'animo dei due personaggi che sta osservando. Un vecchio di nome Dastghír è seduto con le spalle appoggiate al parapetto di un ponte, insieme con il nipotino Yassín, che ha fame. Gli porge una mela. Il bimbo ha perso da poco gli incisivi di latte, non riesce a mangiare, allora il vecchio trae dalla tasca un coltello, riprende la mela e comincia a tagliarla in tanti pezzettini, che offre al bimbo. Attendono un mezzo di trasporto che li conduca alla miniera, dove lavora il figlio del vecchio, che si chiama Moràd, padre del bambino. Nell'attesa scorrono nella mente del vecchio "le immagini e i sogni di ciò che hai visto, ma che non volevi vedere... o di ciò che devi vedere, ma che non vuoi vedere". Il vecchio, con i suoi pensieri, con i suoi atti, è il protagonista principale di questo breve romanzo, che descrive, non tanto la guerra, ma la desolazione, il dolore e lo smarrimento che genera, quasi una lacerazione della propria identità. L'autore lo fa con uno stile insolito, attraverso questa voce del narrante, che in qualche modo partecipa e accompagna il protagonista. Sembra una voce di conforto, di consolazione, di presa d'atto, di guida, che a poco a poco non è più estranea, ma pare sorgere direttamente dal vecchio Dastghír. Si celebra amaramente in questo romanzo, condotto sulle note di un lirismo delicato, il viaggio del dolore, che è di tutto un popolo, non solo di Dastghír. Il viaggio: ossia la lacerazione che ci portiamo dentro del dover raccontare per generare ancora dolore. Ma non è tutto, scopriamo pure che il dolore cammina da solo, anche senza di noi: ferisce e ci trasforma.
Recensioni
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