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“Tifone” é sicuramente uno dei più bei racconti che abbia mai letto, non tanto per la trama, comunque avvincente, quanto per la grande caratterizzazione dei personaggi. Se su tutti domina McWhirr, gli altri (macchinisti, fuochisti, ufficiali, nostromo e timoniere, gli stessi familiari dell’equipaggio) siamo noi nella nostra vita di ogni giorno. Il tifone é la prova, é quello che dà lo scatto alla vicenda, ma il resto della vita di McWhirr é molto più banale. Tant'é che, dopo tanti anni di navigazione, il capitano non aveva mai vissuto tale prova. L'opportunità non c'era proprio stata, in quanto il suo semplice assioma é: come sapere se una tempesta é veramente una tempesta se non ci passi attraverso? Il secondo ufficiale é in un altro stadio, é convinto di aver già superato la sua linea d’ombra, finché non scopre, senza ammetterlo agli altri, di essere preparato meno dello stolido capitano. Certo ha la saggezza di voler fare un tentativo per evitare la burrasca, ma é chiaro che una volta dentro, emotivamente, non avrebbe potuto cavarsela. Quando anche a noi capiterà lo stesso non di fronte ad un tifone, ma a qualcosa di più prosaico, però con la stessa valenza emotiva, non lo sappiamo. Alcuni di noi saranno terzi ufficiali, qualcuno capo macchina e gli altri...... ad ognuno il suo destino, certo, probabilmente, a qualcuno non capiterà mai. Qualcosa di simile avviene anche in “Gioventù”, dove il giovane Marlow é alla ricerca entusiasta della sua prova ed il viaggio interminabile verso Bangkok gli sembra lo sia. Lo spirito del giovane é così alieno dalla maturità che il racconto eseguito in prima persona riesce a trasmettere la sensazione dell’invulnerabilità giovanile. Passare attraverso le tempeste, saltare in aria per l’autocombustione del carico e vagare persi in una scialuppa nell’oceano sembrano fatti che comunque non comportino il rischio reale della vita, ma solo l’incredibile opportunità di accrescere velocemente il proprio bagaglio d’esperienze. Entrambi di qualità superba.
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