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Il 14 luglio 1948 il siciliano Antonio Pallante estrae una rivoltella e spara a Togliatti, proprio davanti a Montecitorio. Quattro colpi in rapidissima successione: il primo sfiora il capo del parlamentare del pci, il secondo e il terzo si conficcano nella schiena, il quarto va a vuoto. Antonio Pallante scappa ma di lì a poco sarà catturato dai carabinieri. l’Italia vive momenti drammatici, rischia di piombare nuovamente nelle spire di una sanguinosa guerra civile: assalti alle prefetture e alle caserme, scioperi, manifestazioni, conflitti a fuoco, spuntano le armi dei partigiani, quelle mai consegnate e nascoste in vista di tempi migliori; si pensa che questa volta la rivoluzione avrà finalmente la forza di spazzare via quel governo monocolore democristiano, frutto della vittoria di elettorale di aprile, col suo odiato ministro dell’Interno, Mario Scelba.Togliatti, da abile politico qual è, consapevole dell’inattuabilità di un disegno rivoluzionario in una zona ormai di fatto controllata dagli Stati Uniti, invita alla calma, parla alla radio, esorta gli operai a rientrare nelle fabbriche. Li convince a deporre le armi. “Non fate fesserie”, dice ai suoi più fidati collaboratori. Il capo del Pci è ancora inchiodato in un letto d’ospedale che già si inizia a fare ipotesi sui presunti mandanti dell’attentato. Chi ha armato la mano dello studente siciliano? Le voci di un coinvolgimento dei servizi segreti americani in combutta con la mafia e con organizzazioni di estrema destra siciliane si fanno insistenti. E sono talmente ostinate da oltrepassare indenni quasi sessant’anni di storia italiana. Il 12 febbraio 2003, Repubblica riporta l’attenzione sui quei fatti presentando alcuni nuovi documenti in un articolo intitolato “Quando l’Oss spiava Togliatti”.Dalle carte dei servizi americani (Office of Strategic Services) ripescati a College Park escono le paure di una potenza che subito dopo la guerra teme una rivoluzione bolscevica in Italia.
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