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Galeotto fu il quadro e chi lo dipinse. Sì, perché Claudia - la protagonista del romanzo di Rella - e il suo amante Luca si sono conosciuti giusto davanti a una tela del defunto padre della donna: pittore famoso ma riservato a tal punto che la famiglia nulla ha conosciuto davvero della sua interiorità. E ora Claudia, alle prese con questioni d'eredità, si ritrova a far il punto sull'enigmatica figura paterna e a tentare la difficile rielaborazione d'un lutto mai superato. Ma a doversi misurare con la perdita non sarà solo lei; pure per sua madre è ora di bilanci esistenziali, se "assediata dal tempo" le sembra che esso "invecchi con lei in un progressivo e inarrestabile sfarinamento". D'altronde "l'ossessione per la morte", o quantomeno la tendenza a riflettere sulla finitudine, accomuna un po' tutti i personaggi: da Luca - per il quale "dietro ogni seduzione c'è la seduzione della morte" - allo stesso pittore scomparso, di cui Rella ci narra la profonda crisi artistica e senile. Parallelamente alle meditazioni sull'umana precarietà, nel romanzo si ragiona intorno al senso dell'arte e all'ambito metaforico e allusivo. Ma sono queste le parti meno felici, dove Rella pare dimentichi che non sta scrivendo un saggio e rischia di mimare una lezione d'estetica proprio quando esalta l'ineffabile allusività dell'arte e l'intraducibilità del suo linguaggio attraverso quello discorsivo. Sta infatti altrove il pregio di questa storia a metà fra il giallo e il racconto erotico: nelle pagine dove Rella rende partecipe il lettore delle emozioni che investono l'anima e il corpo dei suoi personaggi riuscendo a rendere con forza espressiva le inquietudini da cui si sentono attraversati, senza doverle a tutti i costi anatomizzare col bisturi della disamina psicologico/filosofica. Sta nel sottile gioco fra presenza e assenza, mediante il quale la figura del pittore (grazie a flashback illuminanti) viene messa sempre più a fuoco ma al contempo resta sino alla fine celata rappresentando un enigma, al pari del fascino ambiguo dei suoi quadri; quasi essi rendessero percepibile il "sapore del nulla", per dirla con Baudelaire, sulla cui tomba il romanzo si chiude con una Claudia finalmente pacificata dalla consapevolezza di come vi sia sempre un limite a ogni tentativo di scandagliare in maniera esaustiva la vita altrui.
Francesco Roat
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