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PARTE 1. Le registrazioni live di questo cd sono suonate male, il missaggio è mediocre, lo spirito dinamico dell'originale fa solo capolino ogni tanto e il phatos che ha sempre contraddistinto i lavori del più grande gruppo di progressive di tutti i tempi è assente. La voce è a dir poco orribile. Una caricatura di Jon Anderson con sentimentali inflessioni melodico napoletane di bassa caratura. Geoff Downes suona le tastiere come se stesse pensando a cosa comprerà al supermercato prima di tornare a casa e i livelli dei volumi scelti da Billy Sherwood per il missaggio non lo aiutano, rendendo ogni sua nota ingombrante e fastidiosa, soprattutto se si ha in mente l'ottimo lavoro che aveva fatto su Drama nel 1980. Ed è impossibile non avercelo in mente, nel caso di chi, come me, ha ascoltato quell'album per tutti questi anni, acquistando ogni singola edizione uscita sul mercato. Non parliamo poi delle parti che erano di Rick Wakeman. Stendiamo un velo. Mi rincresce dirlo, ma anche Alan White, perde (in ogni senso) colpi. E la cosa più incredibile è che nessuno ha pensato di metterci una pezza nel missaggio finale. Fortunatamente c'è il batterista che lo affianca che fa un ottimo lavoro. Ma pezzi come Tempus Fugit deludono ogni aspettativa di librarsi in volo. Da segnalare, qui, l'abominevole decoder di Downes che, a quanto pare, non si preoccupa più di tanto del risultato che potrebbe portare un semplice aggiustamento del pitch e dei volumi. Billy Sherwood riproduce fedelmente il grandissimo Chris Squire, oltrecchè nell'esecuzione puntuale di ogni nota che il Maestro ha suonato, nel suono e nelle dinamiche ed è, forse, uno dei pochissimi punti di forza. Ascoltare il riff di Does It Really Happen suonato con il Rickenbacker saturo di treble e il plettro tenuto basso in modo da fermare la corda ad ogni nota, producendo il tipico staccato-legato di Chris, è stato il momento che più ho apprezzato nell'ascolto del doppio.
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