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Il tradimento dei chierici. Il ruolo dell'intellettuale nella società contemporanea
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Il tradimento dei chierici. Il ruolo dell'intellettuale nella società contemporanea - Julien Benda - copertina
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tradimento dei chierici. Il ruolo dell'intellettuale nella società contemporanea

Descrizione


Anche se la questione ha radici lontane, che affondano nell'"affaire" Dreyfus che negli anni a cavallo tra Otto e Novecento divise la cultura francese ed europea in due schieramenti inconciliabili, "Il tradimento dei chierici" (1927) resta uno dei testi seminali sul ruolo (e l'autonomia) degli intellettuali: un libro che mette il sale della polemica su ferite tuttora aperte. Contro la crescente barbarie delle società occidentali e il loro impoverimento culturale (la subordinazione del pensiero agli interessi del capitale), Benda difende un ruolo dell'intellettuale "custode di valori" al sevizio di universali come la ragione, la verità, la giustizia. I "traditori" contro i quali si scaglia sono gli sciovinisti, i razzisti, i fascisti di ogni gradazione. Ma anche i rappresentanti di quella corporazione intellettuale che fa politica al riparo dalla sua supposta superiorità e imparzialità, i servi di ogni regime o ideologia, anche quando mossi delle migliori intenzioni. Con la prefazione di Davide Cadeddu.
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Dettagli

2012
30 aprile 2012
XXVIII-239 p., Brossura
9788806191184

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Walter
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Una lettura, questa, indubbiamente molto impegnativa e certamente non alla portata di tutti, neppure degli intellettuali più engagé. Ecco un concetto che ritroviamo già nel 1927 nelle riflessioni di Julien Benda da "Il tradimento dei chierici" : "Noi (intellettuali) non siamo affatto al servizio del potere spirituale; siamo al servizio del potere temporale, di un partito politico, di una nazione. Solo che invece di servirli con la spada, li serviamo con gli scritti. Siamo la milizia spirituale del potere temporale".

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Fabrizio Porro
Recensioni: 5/5

Julien Benda ( La trahison des clercs , 1927) descrive il tradimento degli intellettuali che tra le due guerre, dopo quella del '14-'18 e nell'attesa di quella del '39-'45, in preda alle passioni abbracciano le cause più disparate, dalla monarchia al nazionalismo, dal pacifismo al comunismo.

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Fabrizio Porro
Recensioni: 5/5

La «Trahison des Clercs» di Julien Benda. Una magistrale interpretazione della crisi del nostro tempo.

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Voce della critica

"Je suis tombé par terre / c'est la faute à Voltaire", cantava ironicamente Gavroche, l'eroe fanciullo dei Miserabili di Hugo (1862). Doveva essere già una voga prendersela con gli intellettuali: ma solo nel 1927 sarebbe uscito il saggio in cui Julien Benda accusò duramente i clercs che si stavano compromettendo con l'uno o l'altro dei grandi schieramenti ideologici del tempo, fascismo e bolscevismo, contrapposti politicamente, ma speculari negli obiettivi e nei metodi. Per Benda, l'engagement dei letterati nella politica, vale a dire nelle basse, sporche pratiche del quotidiano, era un tradimento di quegli ideali che l'autore voleva eterni ("statici", secondo la sua espressione), "disinteressati", cioè votati al puro culto della verità, e "razionali", sottratti al ricatto delle passioni. Il pamphlet accese una polemica che non si è ancora spenta, alimentata com'è di acidi corrosivi. La prima discesa significativa dell'intellettuale nella vita pubblica avviene con l'affaire Dreyfus. L'ufficiale ebreo, ingiustamente sospettato e denunciato di tradimento da ambienti retrivi dell'esercito francese, venne efficacemente difeso da Émile Zola con un pamphlet. Il modello dell'engagé era però stato messo a fuoco da Voltaire nell'Illuminismo, l'epoca in cui scrittori e filosofi tentavano di imporre alle istituzioni il galateo del pensiero e dell'azione: si pensi a Beccaria, che dettò ai prìncipi europei le linee portanti della riforma del diritto e della giustizia. L'engagement novecentesco inseguì quel modello, ma scelse male l'interlocutore: basti ricordare il progressismo staliniano di Sartre o evocare quel Congresso degli scrittori per la difesa della cultura promosso da Ehrenburg a Parigi, nel 1935, al quale presero parte Aragon, Gide, Brecht, Babel e Tzara, con il solo Salvemini a denunciare le malefatte dello stalinismo. Fra tanto impegno, il lato che restò scoperto fu quello del liberalismo, un campo nel quale ci troviamo in difficoltà a fare qualche nome: sicuramente, l'avversario di Sartre, Aron o, in Italia, Croce, che sul tema degli intellettuali scrisse confrontandosi direttamente anche con Benda, come ci ricorda Gramsci, che trovava affinità tra i due pensatori. In Italia, il dibattito sull'adesione degli intellettuali al fascismo è stato uno dei tormentoni storiografici più affollati: dopo la seconda guerra mondiale, un bel po' degli intellettuali che avevano indossato più o meno voluttuosamente la camicia nera, o si erano compiaciuti di scrivere sulla bottaiana "Primato", scesero in piazza, senza preannuncio, non si sa se come riparazione o come alibi, dietro le bandiere di un Pci che con Togliatti aveva assunto atteggiamenti di stampo liberale. Nella terminologia di Benda il termine "chierico" ha significato positivo: altri preferiscono "intellettuale". Il testo di Benda è tuttavia ancora attraente: c'è però da chiedersi se resti attuale, se cioè vi siano ancora intellettuali degni di questo nome, vale a dire personalità colte non autorecluse nella torre d'avorio del sapere e impegnate senza essere aprioristicamente schierate. L'intellettuale di oggi, se c'è, sostiene che non ci sono più visioni del mondo. Angiolo Bandinelli

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Conosci l'autore

Julien Benda

(Parigi 1867-1956) filosofo e scrittore francese. Condusse una tenace polemica contro ogni atteggiamento romantico e contro l’arte emozionale, il bergsonismo e l’irrazionalismo in genere. Nella sua opera più celebre, di immediata e duratura fortuna, Il tradimento dei chierici (La trahison des clercs, 1927, riedita con una importante introduzione nel 1946, ma già seguita nel 1929 da un essenziale complemento, La fine dell’eterno, La fin de l’éternel), censurò gli intellettuali che, rinunciando alla disinteressata ricerca della verità, avevano politicizzato la propria attività e optato per la mozione degli affetti; criticò quindi ogni forma di settarismo, di nazionalismo e di esasperato individualismo. Neoilluminista e difensore della classicità, fu ostile alle nuove tendenze della letteratura,...

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