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Finalmente un libro sulla Transilvania reale, su quella vera e non su quela immaginaria. Molto scorrevole come lettura. La trovo un po idiliaco, infatti si sente che l'autore è inamorato del suo paese, ma è bello.
Recensioni
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scheda di Pezzini, F. L'Indice del 2000, n. 07
L'attenzione alla geografia fantastica postula, in ultima analisi, un più rigoroso rispetto di quella reale: e il richiamo all'Altrove d'una Terra-di-là-dalla-foresta (cfr. ad esempio le osservazioni dell'australiano Ken Gelder, Incontri col vampiro, Red, 1998, circa le suggestioni mitiche della "Transilvania tasmana", chiamata così da Thomas Scott per una mappa del 1830), banalizzata nel linguaggio corrente per terra di mostri e vampiri dal successo del romanzo di Stoker, deve salutarmente confrontarsi con il provocatorio titolo dell'introduzione di Roberto Ruspanti al saggio di Kós oggi riproposto in italiano: "La Transilvania non è la terra di Dracula, ma una storica regione multietnica d'Europa".La drammatica, e in Italia poco nota, epopea delle "tre nazioni storiche" - Magiari, Magiaro-Secleri e Sassoni - e della "quarta nazione", i Rumeni, viene evocata da Károly Kós (1883-1977), architetto di fama mondiale, grafico e scrittore magiaro-transilvano, con rigore appassionato: da protostoria e dominio romano, attraverso i mille anni dalla conquista magiara fino all'assemblea di Gyulafehérvár (Alba Julia) del 1918 che sancì l'unione con la Romania, l'autore evidenzia la peculiarità storico-culturale della Erdély ("terra coperta dalle foreste", antico nome ungherese del titolo originale del saggio) rispetto alle nazioni cui si trovò accorpata - la conservazione orgogliosa nel tempo dei caratteri propri di ciascuna etnia della regione e la partecipazione di tutte a una natura comune, appunto specificamente "transilvana".Oltre all'introduzione di Ruspanti e alla prefazione di Cinzia Franchi, un saggio introduttivo di Péter Egyed sulla dimensione culturale della minoranza ungherese nella Transilvania odierna soccorre il lettore nostrano; il volume è inoltre arricchito da sessanta immagini (nell'originale, incisioni su linoleum stampate a colori) con edifici e figure-tipo del paesaggio, e da una postfazione di Zsuzsa Ordasi sul rapporto tra Kós architetto e la tradizione popolare transilvana in architettura.
(F.P.)
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