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Un’estate al mare non poteva essere meglio raccontata: il terzo libro di Stefano Cardellini è incentrato sulle vacanze di un gruppo di amici, sempre intenti a crearsi nuove occasioni di svago, contando solo sulla propria creatività. Il risultato è un gradevole film ad episodi, una sorta di amarcord marchigiano in salsa anni settanta, del tipo ‘quattro amici al bar’, anche se nel nostro caso un tale esercizio commerciale neppure esisteva. E sicuramente l’assenza del bar è un bene, in quanto a beneficiarne è la creatività talvolta stravagante dei ragazzi. Il loro ingegno è il collante tra i vari episodi, singoli fotogrammi di un rullino fotografico, spesso l’unico ricordo che ci si poteva permettere il lusso di riportare dalla vacanza, oltre alla memoria che avrebbe immortalato quell’età spensierata. Trattandosi di un’epoca per certi versi lontana, le vicende narrate ci consentono di fare un confronto tra i ragazzi di una cinquantina di anni fa e quelli di oggi, in un contesto di profondi cambiamenti. La prima considerazione che viene spontanea è che una volta ci si divertiva con poco, ed anche i rapporti tra il mondo degli adulti e quello dei ragazzi erano ben delimitati, con i primi intenti ad influenzare i secondi, i quali, a loro volta, facevano di tutto per far credere che ciò avvenisse, mentre in realtà cercavano di divertirsi come meglio si poteva. Nella narrazione lo stile dell’Autore è sempre brillante, lineare, impreziosito da una maturità stilistica ormai consolidata. Con Cardellini, per dirla in estrema sintesi, non ci si annoia mai. Tra gli episodi narrati, uno primeggia rispetto agli altri: mi riferisco al racconto “La Cinquecento di Fabio”, che riesce anche a commuovere. Un libro, oltre a narrare storie, può anche lanciare dei messaggi educativi, e allora può capitare che anche dall’azione di alcuni ragazzi allegri e burloni si possa ricavare un prezioso insegnamento di vita.
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