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Ecco uno studio corposo, molto ben organizzato nella presentazione e nell'analisi di una grande quantità di materiali sullo sterminio nazista degli ebrei in Unione Sovietica. Ne è apprezzabile autrice Antonella Salomoni, docente di storia contemporanea all'Università della Calabria. Diciamo subito che un'opera di questo taglio, che evita inutili didatticismi, oltre che fastidiosi affaticamenti nelle citazioni, avendo selezionato a priori non solo il cosa dire, ma, soprattutto, il come farlo, si legge con interesse e partecipazione. È un saggio rigoroso, con un taglio narrativo intenso e partecipato. Il sottotitolo, Genocidio, resistenza, rimozione, offre il trittico intorno al quale l'autrice articola il suo lavoro, ragionando sul mentre ma anche e soprattutto sull'oltre di quella immane tragedia. L'obiettivo dichiarato è di concentrarsi non solo sulle dimensioni di grandezza della Shoah in Urss, ma anche sulle risonanze sociali, culturali e politiche di un evento che colpì l'Est in maniera ben più corposa e devastante di quanto non sia avvenuto nei paesi dell'Europa occidentale. Fosse non altro per il fatto che era a oriente dell'Oder-Neisse, sottile linea rossa tra la "civiltà nazista" e la "barbarie slava", che iniziava il terreno dove per gli uomini di Hitler "tutto è possibile". Il libro di Salomoni si propone quindi nella sua duplice natura di tassello nel grande mosaico della storia del genocidio degli ebrei e di strumento per l'analisi dell'atteggiamento sovietico rispetto al massacro in corso e alla politica di occupazione nazista. Eventi, ma anche echi e rimembranze. Efficace, da quest'ultimo punto di vista, il ricorso a fonti come la letteratura coeva, ad esempio di Vasilij Grossman e di Il'ja Erenburg. Lettura vivamente consigliata, quindi.
Claudio Vercelli
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