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Anno edizione: 2016
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La storia di un'amicizia profonda tra due uomini, due braccianti stagionali in California che condividono un sogno.
«Un libro semplicemente perfetto» – Nick Hornby
George Milton si occupa da sempre con ferma dolcezza di Lennie Small, un gigante con il cuore e la mente di un bambino. Il loro progetto, mentre vagano di ranch in ranch, è trovare un posto tutto per loro a Hill Country, dove la terra costa poco: un posto piccolo, giusto qualche acro da coltivare, e poi qualche pollo, maiali, conigli. Ma le loro speranze, come "i migliori progetti predisposti da uomini e topi" (è un verso di Burns), sono destinate a sbriciolarsi. Il ritratto di un'America soffocata dalla crisi e di un'umanità gretta e gelosa nella drammatica rappresentazione di un maestro della letteratura. Scritto nel 1937 e destinato a un pubblico di uomini semplici come George e Lennie, "Uomini e topi" è una breve storia ricca di dialoghi, un piccolo gioiello di scrittura, pensato da Steinbeck per essere messo in scena in teatro e al cinema: e così è successo, sul grande schermo e a Broadway. Ma «Uomini e topi» resta prima di tutto un romanzo indimenticabile. Questa edizione propone nella nuova traduzione di Michele Mari un racconto di impegno, solitudine, speranza e perdita che resta uno dei libri più letti e più amati della letteratura mondiale. Introduzione di Luigi Sampietro.
Al giorno d’oggi un racconto come Uomini e topi troverebbe probabile collocazione tra i libri che affrontano problemi comportamentali. Il legame tra George lo sveglio e Lennie il tardo sembra quello tra Tom Cruise e Dustin Hoffman in Rain man: una storia di amicizia, di accudimento, di desiderio di riscatto, infine una storia struggente di sogni infranti. Tuttavia devo dire che la lettura non mi ha affascinato come altri capolavori di Steinbeck, un po’ per la brevità stessa del romanzo e un po’ per la caratterizzazione troppo stereotipata dei personaggi: a cominciare proprio da George e Lennie, ma anche Curley il cattivo o sua moglie la maliziosa, e poi Candy il sognatore, e Crooks lo stalliere nero tenuto lontano da tutti, e così via. Insomma, non proprio il sogno americano.
Storie di lavoratori. Di pensieri che durano il tempo di una giornata. Per poi ricominciare speranzosi. E terribili. Sempre a contatto con un Sogno, ma con la inconscia consapevolezza che mai si concretizzerà Scrittura ruvida, sporca e polverosa. Il titolo originale è un gioiello. L'epilogo è "scritto" nelle prime pagine.
La grazia della povertà, dell'innocenza, del destino degli ultimi.. Gran bel libro.
Recensioni
Uomini e topi (139 pagine, 12 euro) di John Steinbeck, tradotto da Michele Mari, edito da Bompiani, è un testo essenziale. Costruito come una piece teatrale, non ha fronzoli né inutili divagazioni. Se dovessi usare una metafora, penserei a un fiume che per buona parte del suo tragitto scorre lento e costante, ma poi, d’improvviso, le sue acque si ingrossano, diventano torbide e il suo fluire placido si trasforma in una piena. Così è questo libro.
Nelle prime ottanta pagine non succede nulla. Le vicende di George e del suo amico Lennie non fanno palpitare il cuore. Sono solo due braccianti che cercano di raggranellare una discreta sommetta che gli consenta di mettersi in proprio per acquistare un po’ di terra e allevare qualche animale. Il loro è il sogno semplice e scontato di tantissimi altri lavoratori bisognosi di una speranza per tirare avanti e accettare una vita dura e spietata. A distinguerli dagli altri è piuttosto il loro inconsueto incastro: George è un tipetto furbo che sa come muoversi, mentre Lennie è solo un omone ritardato, che si comporta come un bambino e che vive facendo ciò che gli impartisce George, il suo unico e vero amico. Insieme si sostengono a vicenda, riempiendo i rispettivi vuoti e, in qualche modo, facendosi coraggio l’uno con l’altro.
Interverrà un evento a interrompere bruscamente la loro amicizia e, in tutta franchezza, occorre riconoscere quanto l’epilogo del libro segua una logica non del tutto chiara. Forse è proprio questo l’elemento più spiazzante che conferisce all’opera di Steinbeck un valore aggiunto: una fine non banale, incomprensibile. Le pagine, come il fiume di cui si diceva, deviano il loro corso. Gli argini si spaccano e il lettore ne viene quasi sommerso, mentre una ultima domanda gli rimane appigliata in bocca: è l’affetto sincero che ha vinto, oppure no?
Recensione di Alessandro Orofino
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