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Recensioni L'uomo senza radici

L'uomo senza radici di Dieter Schlesak
Recensioni: 2/5
"Andarmene da questa luce. Non sentire più il rintocco delle ore, non sentire più niente. Nascondermi, sparire. Non essere più nessuno. E così poter sopportate tutto. Anche l'angoscia di fronte alla morte, e l'angoscia di fronte alla morte di tutte le persone care. Mia madre non c'è più." Dopo decenni di peregrinazioni Terplan ha trovato un rifugio sicuro tra i boschi di cerro della Garfagnana, ad Agliano. Ma proprio quando pensava di poter godere i suoi ultimi anni in serenità, la morte della madre gli apre una voragine di vuoto interiore. Per riempire questo abisso e per esaudire le ultime volontà della donna, l'uomo si deve imbarcare in un viaggio a ritroso verso la sua patria, la Trsnsilvania, la terra dei suoi antenati, una terra di minoranze etniche, multiculturale, dove convivono tedeschi, ungheresi, rumeni. Un viaggio che per Terplan diventa anche un'indagine di sé steso e delle proprie radici e che lo spinge ad affrontare il passato. Un passato che porta dentro di sé la memoria dolorosa dei lager, della seconda guerra mondiale, del nazismo, ma anche le contraddizioni e le ombre del dopoguerra e del regime comunista. "L'uomo senza radici" è un romanzo che può essere considerato la continuazione ideale del "Farmacista di Auschwitz", di cui riecheggia le atmosfere e i contenuti, soffermandosi in particolare sulla condizione dei tedeschi dell'Est.)
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