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In questo saggio, giunto alla seconda edizione, l'Autore, professore di storia all'Università di Chicago, focalizza l'attenzione su Venezia e i veneziani quali principali mediatori e tramiti tra le regioni dell'Adriatico, dell'Egeo e del Mar Nero, descrivendo le relazioni nate dal mare tra le comunità cristiane, latine ed ortodosse nel periodo dal 1081 al 1797. Per settecento anni, dal dodicesimo al diciottesimo secolo, la Repubblica di Venezia ebbe un ruolo chiave negli scambi culturali tra i popoli dell'Europa meridionale ed orientale. Agli inizi, e per tutto il Medioevo, quando l'esistenza e la sopravvivenza della Repubblica dipendevano soprattuto dall'attività commerciale, i veneziani furono i più instancabili tramiti tra le comunità latine d'occidente e quelle greche, slave e turche del Levante. Quando, dopo molti secoli, i veneziani, occupati dal governo della Terraferma, smisero di impegnarsi regolarmente in imprese commerciali oltremare, le comunità greche e turche che si erano stabilite nella città lagunare crearono, sia con il commercio che con altre attività, nuovi e durevoli legami tra l'est e l'ovest. Venezia divenne una potenza imperiale subito dopo la Prima Crociata e continuò a governare ininterrottamente popolazioni ortodosse sino alla caduta dello Stato nel 1797. L'isola di Creta, dominio veneziano per quattro secoli e mezzo - dal 1211 al 1669 - preziosa ed importante colonia della Serenissima a causa della sua privilegiata posizione geografica, non fu solo un centro notevolissimo di traffici marittimi, ma anche sede di un grande movimento artistico e culturale, collegato con la precedente tradizione greca, ma che portava i segni inconfondibili dell'influenza veneziana. La fama dell'Università di Padova, sotto giurisdizione veneziana dal 1405, diede a questa istituzione una notevole forza traente nel mondo ortodosso nel XVI e XVII secolo. Infine la posizione geografica della città, posta al vertice dell'Adriatico, rese Venezia luogo ideale di incontro tra popoli di civiltà così diverse.
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