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Questo libro, acclamato da quasi tutti, in realtà mi ha lasciato perplesso. Forse è colpa mia, che avevo delle aspettative diverse, ma tant'è. Si dovrebbe parlare del corpo degli sportivi: stremato, straziato, educato ai sacrifici che lo sport impone. Il corpo come simbolo, quindi. Ma troppo spesso (quasi sempre per la verità) mi pare che il corpo sia soltanto il pretesto per tracciare un profilo dello sportivo in questione. Un profilo che non occupa mai più di quattro o cinque pagine, e che quindi risulta, per forza di cose, parziale. Lo stile non mi ha entusiasmato: una prosa troppo spezzettata, che alla fine stanca. Mi sembra che punti al drammatico ma scada nel melenso. E poichè molte delle storie narrate sono dramamtiche di per sè, non era necessario, a mio avviso, calcare la mano. E' comunque innegabile che questo libro abbia un ritmo, una sua fisionomia ben definita che gli permette di essere ricordato, ed alla fine ti prende. Purtroppo però, per i motivi sopra descritti, per me è soltanto sufficiente.
Emanuela Audisio entusiasma sempre di più, ogni riga è un'emozione fortissima che ti gonfia il cuore. Non si vorrebbe mai finire di leggerla, questo ultimo libro è l'ennesimo capolavoro. Scriva ancora libri, non smetta di riempirmi la vita.
Emanuela Audisio è riuscita a scrivere un libro migliore dei precedenti, chissà come ha fatto... Dopo l'evocatico "Bambini infiniti", la consacrazione con "Tutti i cerchi del mondo", questo lavoro la sancisce quale la giornalista sportiva più matura e acuta del panorama nazionale. I suoi libri, e articoli, entrano nel cuore dei personaggi, delle storie: dello sport e della vita. Una visione lucida e senza ipocrisia come invece la maggior parte dei resoconti nazionali... Ecco. Il pregio di questo lavoro è di essere autentico. Già aspetto il prossimo. Paolo La Bua.
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