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Voglio aggiungere, il libro anche se non ne capisco le ragioni ha riscosso meno successo dell’ultimo uomo scimma del palatocene, è molto superiore a quest’ultimo. Non solo è intelligente, ironico pungente, ma attraverso una storia penetrante e precisa, Lewis parla dell’uomo, della sua anima e forse è vero che il capitalismo non risolve i problemi dell’umanità, ma il pensiero dell’autore si mostra ovvio, il capitalismo seppur con i suoi difetti rimane l’unica strada percorribile, perché è l’essere umano che per natura torna sempre su questa strada. L’uomo è un intreccio di fili dominati da saggio egoismo.Pensiero banale ma verissimo. La malvagità dell’uomo fa parte della sua natura, e qui ritorna il tema dell’evoluzione, di quanto sia necessaria e umana . Tema affrontato già nell’ultimo uomo scimmia del paistocene, dove appunto ammazzando il padre ci cercava di sopprimere l’evoluzione della specie, oppure forse limitare questa evoluzione ad un cerchio ristretto di persone. Proprio come accade in questo libro con la nascita di una società che non devolve al popolo socialista i mezzi di lusso, con la convinzione o il pretesto che procurino a lungo andare un danno all’uomo. L’egoismo forse è un sentimento particolare che non solo domina la specie ma ne favorisce l’evoluzione. Tutto questo lo esprime attraverso un racconto semplice, ironico, curioso e scorrevole. Kundera ne avrebbe fatto una palla magistrale assumendo un tono da professore che invece lewis non assume. Davvero una sorpresa questo lewis, un tipo in gamba.
Roy Lewis è abbastanza noto agli italiani per "Il più grande uomo scimmia del Pleistocene", che ha avuto un certo successo una decina di anni fa. Questa volta si è cimentato in una ucronia, vale a dire "cosa sarebbe successo se...". Nel nostro caso, le rivoluzioni del 1848 non furono sconfitte dalla reazione, ma i socialisti britannici riuscirono a consolidare un mondo egualitario, sotto l'occhio di un'elite separata che continuava a sviluppare nuove invenzioni, tenendole però per sé in modo da non "turbare lo sviluppo". Ma anche in uesto mondo parallelo gli inglesi non possono fare a meno di un re, anzi di un Cittadino re: il libro racconta appunto la storia vista dagli occhi del re-imperatore Giorgio Akbar I, che avrebbe tanto preferito fare il matematico e non il finto regnante. La Storia però tende sempre a tornare sul suo tracciato, così troviamo ad esempio Churchill, e gli equivalenti di Roosevelt e John Kennedy. E Lewis sembra avercela sia con il socialismo che con il capitalismo, ciascuno dei quali non è capace a risolvere i problemi dell'umanità. Insomma, nonostante l'indubbia piacevolezza del libro rimane questa vena triste, se non addirittura qualunquista.
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