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Le differenze tra noi e i greci sono grandi; se però le interpretiamo correttamente, possiamo riconoscere non solo quanto abbiamo in comune con essi, ma anche le illusioni della coscienza moderna. Il libro di Bernard Williams prende in esame le idee etiche dei greci: le idee di agente morale, deliberazione e motivazione; di responsabilità, vergogna, libertà e necessità. Le letture "progressiste" della cultura greca hanno spesso sostenuto che essa non disponesse di alcune di queste categorie: l'età omerica non avrebbe avuto un concetto di agente morale o di deliberazione, e sarebbe stata dominata da una cultura "amorale" della vergogna; inoltre, gli antichi non avrebbero avuto un'idea chiara della responsabilità morale, non distinguendo tra agire intenzionale e non intenzionale. Bernard Williams prende di petto questi pregiudizi interpretativi, adottando un approccio rischioso, ma efficace: unire filologia e filosofia, analizzando soprattutto le opere letterarie.
Tre passaggi meritano attenzione: la responsabilità, la vergogna e la necessità. I filosofi moderni fraintendono gravemente la cultura greca su questi tre temi. L'idea kantiana di autonomia morale collega la responsabilità al solo agire intenzionale, rifiuta la vergogna come un principio eteronomo ("salvare la faccia") e presuppone un mondo razionalmente intelligibile. Williams mostra l'inadeguatezza di queste concezioni. Troviamo già in età omerica un'idea di agente morale non riducibile alle sue intenzioni, ma identificabile con "la persona viva", "l'unità di una persona che pensa, agisce ed è presente con il corpo". Questo soggetto è responsabile moralmente anche delle azioni compiute non intenzionalmente; se la sua azione causa del male, è giusto chiedergli un risarcimento.
Il caso più emblematico è quello di Edipo che riconosce la sua colpa, pur compiuta inconsapevolmente: "Nessun'altra mano colpì. Fui io!" (Edipo re, v. 1331). La vergogna inoltre, dice Williams, non si riduce a una pura reazione esteriore allo sguardo dell'altro; esiste un "altro interiorizzato" per la vergogna così come per i sentimenti morali, per quanto nel primo caso il sentimento non sia quello della colpa per un male arrecato ad altri, ma un sentimento di debolezza in una situazione inadeguata, per la propria persona, per il proprio ruolo, ecc. La morale rigidamente kantiana trascura la costituzione sociale dei sentimenti morali, e così il ruolo della vergogna. Infine, l'idea moderna di libertà sembra esigere la possibilità di dare un senso razionale all'accadere; questa aspirazione ha la sua origine già nell'ideale platonico di un "sé morale" libero dalla contingenza empirica.
Ma la tragedia di Sofocle o la storiografia di Tucidide ci additano un'altra idea di libertà: l'oscurità del destino nel primo e la razionalità a rischio nel secondo ci mostrano "essere umani che hanno a che fare in maniera sensibile, folle, talvolta catastrofica, talvolta nobile con un mondo che è solo parzialmente intelligibile". La libertà dell'agente non è negata dal riconoscimento che la realtà sociale, con la sua resistenza e opacità, distrugge spesso i suoi intenti. La distanza dai greci si accorcia forse proprio perché ci allontaniamo dalle pretese della modernità: "Dal punto di vista etico oggi siamo (
) più vicini agli uomini del passato di quanto lo siano mai stati nel corso del tempo gli uomini occidentali". Mauro Piras
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