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Anno edizione: 2019
Anno edizione:
Anno edizione: 2020
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Cito questa frase di Laura Bosio che riassume al meglio i motivi per cui leggere questo libro: "Le guerre cominciano prima della loro esplosione: si combattono a colpi di parole, di disprezzo che si diffonde, di odio che cresce. Si annunciano, ma pochi se ne accorgono. Non esistono ancora leggi specifiche, anche se le libertà iniziano a restringersi e i “colpevoli” vengono additati. Molti non capiscono di essere in pericolo, neanche i più diretti interessati. " La somma di tante paure e la testimonianza di una graduale perdita di umanità che potrebbe riguardare anche tutti noi.
Otto Silbermann è un ricco uomo d'affari ebreo. Nella Germania hitleriana del 1938 le sue giornate sono, tutto sommato, ancora vivibili (cit. “ Vivo come se non fossi ebreo…..Gli altri mi parlano e mi trattano come se fossi uno di loro al cento per cento ”). Poi, d'improvviso, l'accelerazione verso l'abisso. Questo romanzo, molto bello, fotografa il momento in cui la follia della persecuzione razziale, che già da tempo aveva tessuto la sua vile tela, stringe definitivamente la morsa e diventa incubo. Tanti i passaggi densi di significato. Ne riporto uno: “ ( Robert Lilienfeld ) << … Ma almeno eri un soldato. Un soldato tra i soldati. Ora sei lo sporco ebreo e gli altri sono gli ariani! Loro vivono in pace mentre noi subiamo ogni sorta di vessazioni, e siamo soli e abbandonati. E' questa la cosa peggiore! Gli altri falegnami fanno la vita di sempre pensando ai loro affari. E io devo andarmene! Ecco cos'è! Anche la guerra era una brutta storia, ma non solo per noi, non solo per me! C'era una comunità. Eravamo tutti nella stessa barca.>> (Otto Silbermann) <<Dovrebbe essere contento di non appartenere alla comunità nuova! Non riesco ad immaginarne una peggiore, più ottusa e feroce. Una buona minoranza è sempre meglio di una maggioranza cattiva.>>”
A Parigi, nel novembre 1938, presso l'ambasciata tedesca, viene ferito gravemente, da un ebreo polacco, un esponente di spicco del governo tedesco. A Berlino, e in tutta la Germania, scatta la caccia all'ebreo. Otto Silberman, il protagonista del romanzo, riesce a sfuggire alla furia della belva nazista. Otto è un ricco commerciante ebreo, ben integrato nella società tedesca, ha combattuto al fronte nella Prima Guerra Mondiale, è stato insignito con la croce di ferro. A Berlino si dice che agli ebrei si dovrebbe imporre di portare una fascia gialla intorno al braccio per non confonderli con gli ariani. Otto fugge, salta sul primo treno ed inizia a viaggiare, sempre in treno, da una città all'altra della Germania. Sillerman si ritiene fortunato per non avere "nessuna delle caratteristiche somatiche che, secondo la dottrina degli studiosi della razza, contraddistinguerebbero un ebreo". Riesce ad attraversare il confine con il Belgio, ma i gendarmi lo catturano e lo riportano in Belgio. Sono sordi al suo grido di dolore (l'Europa nel 1938 non fece nulla per fermare l'ondata antisemitica nazista). Allo stremo delle forze, dopo una settimana, Otto si fa arrestare, rinchiuso in carcere, privato di ogni speranza, inizia a delirare. "Non voglio restare qui. Voglio andarmene...! Alle sette parte un treno per Aquisgrana...alle otto e dieci uno per Norimberga...alle nove e venti uno per Amburgo...alle dieci uno per Dresda...Ci sono tantissimi treni...treni a non finire...Voglio andare via!" Oggi nell'anno 2019 ad essere braccati, in Europa, sono i migranti clandestini; non c'è più bisogno della fascia gialla. Si riconoscono dal colore della pelle.
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