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Anno edizione: 2010
Anno edizione: 2014
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Un'interessante prospettiva culturale sui videogiocatori
Un buon libro introduttivo sull'argomento, forse troppo corto e con troppe digressioni su temi non strettamente inerenti all'oggetto del saggio. Una mancanza grave, che richiederebbe un integrazione nella prossima edizione, è sull'introduzione della scelta morale libera e del "destino" nei videogiochi di ruolo del nuovo millennio: prodotti come Mass Effect 2 e Fallout: New Vegas aprono nuove prospettive sul livello di coinvolgimento etico del videogiocatore, affiancando al tradizionale sistema di azione buona o cattiva che dà un immediato punteggio alla voce Karma, azioni che influenzano l'avanzare della trama senza che vi sia un'immediato "premio" per la scelta... ma soprattutto la scelta -come nella vita- non è più sottolineata e messa a bella apposta in un punto "caldo", ma è sempre più impercettibile, approssimandosi all'opacità del destino.
Recensioni
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Se, come affermano alcuni osservatori, il videogioco sta entrando in una fase di maturità estetica e rappresentativa, è forse tempo che gli studi su questo medium trovino il proprio spazio nell'accademia italiana. D'altronde la riflessione teorica sul videogioco ha prodotto nell'ultimo decennio risultati significativi in ambito anglosassone e scandinavo e l'interesse verso la materia, anche nell'università italiana, è in rapido aumento. In Videogiochi e cultura della simulazione. La nascita dell'"homo game", Gianfranco Pecchinenda, preside della Facoltà di Sociologia dell'Università Federico II di Napoli, pur adottando una prospettiva essenzialmente sociologica, disegna un percorso che intercetta e rilegge un ampio repertorio di autori e correnti, a testimonianza del fatto che quello dei game studies rimane un laboratorio teorico vivace ed eclettico. Pecchinenda fin dalle prime pagine del saggio afferma di voler analizzare "una vera e propria logica del gioco (e, ovviamente, del videogioco) che sembra caratterizzare nel suo insieme la cultura contemporanea". La diffusione di strumenti che simulano un mondo alternativo con cui è possibile interagire è per Pecchinenda una prova della pervasività del medium videoludico, divenuto paradigma sociologico e lente di interpretazione della realtà. Nel percorso di avvicinamento alla definizione di "homo game", l'autore intercetta e rilegge le teorie classiche sul gioco da Roger Caillois a George Herbert Mead, fino alle Meditaciones del Quijote di José Ortega y Gasset e le mette alla prova in una serie di riflessioni sulle ricadute socioantropologiche della diffusione del medium videoludico. Lo sguardo teorico di Pecchinenda sembra aspirare alla definizione, anche provvisoria, di un punto di equilibrio tra l'intrinseca ludicità del mezzo e la sua capacità inedita di generare realtà alternative esperibili ed esplorabili. Dove finisce il gioco e dove inizia la simulazione? In che misura gli universi videoludici sostituiscono le manifestazioni del reale? Si tratta di dualismi complessi, alla base di un dibattito particolarmente vitale nell'ambito delle scienze sociali e della filosofia, con il quale Pecchinenda instaura un dialogo critico di notevole spessore. A tratti si ha l'impressione che, nell'entrare nel merito dello studio del medium videoludico e della sua fruizione, l'attenzione dell'autore tenda a spostarsi dall'esperienza del videogiocare alle interfacce che la regolano. Ad esempio, Pecchinenda scrive che "gli strumenti informatici pretendono che il corpo si annulli, che sparisca, che si distacchi dall'identità". Alla luce del successo di videogiochi che prevedono l'utilizzo del corpo dell'utente (si pensi a Nintendo Wii, ma anche alla diffusione di tecnologie touch), si può pensare che alcune riflessioni presenti nel saggio siano state almeno parzialmente smentite dai fatti. È pur vero che il lavoro teorico su un medium giovane e costitutivamente "indisciplinato" come il videogame espone gli studiosi al rischio di qualche previsione sbagliata. Videogiochi e cultura della simulazione. La nascita dell'"homo game" rimane tuttavia uno studio appassionato, alimentato da una bibliografia ricchissima e, anche per questo, capace di tenersi a debita distanza da alcuni luoghi comuni sui giochi e sui giocatori diffusi in passato da una sociologia meno rigorosa. Riccardo Fassone
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