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Anno edizione: 2009
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Titolo-slogan di portata epocale, contenuto manco lontanamente all'altezza. Tuttavia titoli del genere possono bastare e avanzare, questo ne è un esempio. Finché l'esistenza si dimostrerà per l'et-et non istantaneo fra digitale e analogico, discontinuo e continuo, discreto e graduale, allora si persisterà nel patire il peggio d'entrambi, come in ogni fenomeno con effetto-soglia e come nella più standard delle transizioni di fase: si viene distrutti, devastati, annientati nella propria configurazione olistica, globale, massiva, gnoseo-ontologica, psichica e fisica, per poi forse risorgere dal martirio/agonia/supplizio/crocifissione e approdare a una configurazione nuova (ma nuova quanto?). Il passaggio del guado, il transito da una struttura di "vincoli e possibilità" a un'altra (ma quanto diversa, definitivamente diversa e migliore?) richiede tempo: mesi, anni, una vita, un'era astronomica o geologica, oppure l'intera durata del cosmo. Ed è un massacro, si finisce spolpati, vittime inermi delle torture più atroci. Se le regole cosmiche sono queste, non c'è lasciato alcun margine di scampo. Dai Neoplatonici e Agostino in su, qualsiasi filosofo o teologo è saltabeccato dall'una all'altra opzione, "natura facit aut non facit saltus", senza mai considerare l'ipotesi d'una loro problematica compresenza. L'"analogia entis" non ne tiene conto, qui siamo al di là delle sole identità, differenza e intersezione, univocità, equivocità e analogicità, "via affirmationis, negationis et eminentiae". Si patisce un terremoto radicale e si sprofonda nelle sabbie mobili tipo Kekexili (cinema) e Incubus (musica), il cambio di paradigma impone sinora il peggiore dei travagli, l'aspetto distruttivo sembra inevitabile, inesorabile, implacabile. Non si tratta di rigettare la filo-commensurabilità paradigmatica di Davidson, quanto di constatare che un accomodamento piagetiano, però non solo epistemico bensì esistenziale, costa il prezzo più elevato immaginabile di sudore, lacrime e sangue.
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