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Con l’alibi dell’impostazione memorialistica il libro di Isotta si riduce in pratica al resoconto rapsodico dei fatti suoi e a una sequela di immondi pettegolezzi, in gran parte di natura sessuale o per lo meno fecale con corredo di nomi e cognomi (sicuramente il vero motivo del successo di pubblico, con buona pace dei 6 editori che glielo hanno rifiutato prima di Marsilio): un flusso ininterrotto di indiscrezioni infamanti a carattere ritorsivo, di nessun valore musicologico e tanto meno letterario, snocciolate apparentemente con la sprezzatura dell'uomo di mondo ma in effetti con infantile cattiveria, interessante semmai per il ritratto di una personalità disturbata e per il definitivo ridimensionamento di un musicologo incomprensibilmente sopravvalutato. Nell’ostentazione di una political incorrectenss radicale quale presunto certificato di anticonvenzionalità e libertà di giudizio, Isotta glorifica in realtà tutti i più vieti luoghi comuni della miseria & nobiltà partenopea, di cui si attribuisce manco a dirlo ogni supposta virtù, senza che il ricorso frequente a quelle che definisce pomposamente “le sue palinodie” serva a redimerlo dal fondamentale provincialismo di una cultura concepita esclusivamente come erudizione classica, pesantemente arretrata e ristretta, oltre che noiosamente snobistica (più o meno come i titoli genealogici che si autoassegna in progressiva esagerazione, finendo per risalire addirittura a una gens romana, che neanche il suo conterraneo Don Pomponio della rossiniana Gazzetta). Da assiduo lettore di libri di carattere o anche solo attinenza musicologica, nonostante la curiosità iniziale ho faticato a sopportare il disgusto di ravanare in tanta immondizia per arrivare all’ultima pagina, senza potermi esimere dal contagio di un mortificante sentimento di avvilimento.
Con l’alibi dell’impostazione memorialistica il libro di Isotta si riduce in pratica al resoconto rapsodico dei fatti suoi e a una sequela di immondi pettegolezzi, in gran parte di natura sessuale o per lo meno fecale con corredo di nomi e cognomi (sicuramente il vero motivo del successo di pubblico, con buona pace dei 6 editori che glielo hanno rifiutato prima di Marsilio): un flusso ininterrotto di indiscrezioni infamanti a carattere ritorsivo, di nessun valore musicologico e tanto meno letterario, snocciolate apparentemente con la sprezzatura dell'uomo di mondo ma in effetti con infantile cattiveria, interessante semmai per il ritratto di una personalità disturbata e per il definitivo ridimensionamento di un musicologo incomprensibilmente sopravvalutato. Nell’ostentazione di una political incorrectenss radicale quale presunto certificato di anticonvenzionalità e libertà di giudizio, Isotta glorifica in realtà tutti i più vieti luoghi comuni della miseria & nobiltà partenopea, di cui si attribuisce manco a dirlo ogni supposta virtù, senza che il ricorso frequente a quelle che definisce pomposamente “le sue palinodie” serva a redimerlo dal fondamentale provincialismo di una cultura concepita esclusivamente come erudizione classica, pesantemente arretrata e ristretta, oltre che noiosamente snobistica (più o meno come i titoli genealogici che si autoassegna in progressiva esagerazione, finendo per risalire addirittura a una gens romana, che neanche il suo conterraneo Don Pomponio della rossiniana Gazzetta). Da assiduo lettore di libri di carattere o anche solo attinenza musicologica, nonostante la curiosità iniziale ho faticato a sopportare il disgusto di ravanare in tanta immondizia per arrivare all’ultima pagina, senza potermi esimere dal contagio di un mortificante sentimento di avvilimento.
Un libro pieno di volgaritá, rancore e cattiveria, ma anche di cose interessanti e di intuizioni folgoranti. Fastidiosissima e puerile é la obbligatoria apologia della napoletanitá. Se si riesce a vincere il disagio per le molte cose offensive che Isotta scrive, la lettura puó peró essere stimolante. Isotta é molto volgare, ma molto colto. Ma non é facile vincere una certa repulsione,
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