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Si tratta di un racconto introspettivo ricco di verve pur nel linguaggio semplice e diretto. Leggendolo mi sono riconosciuto in più di un passaggio di "rinascita" e d'incontro con il proprio io. Per imparare a camminare con le proprie gambe e ad assaporare la vita non c'è mai un'età giusta: succede e basta. Questo è quello che ho tratto da questo ennesimo bel lavoro dell'autore
Secondo libro di Fabio e ottimo come il primo. Personaggi sempre reali e credibili.
Sono arrivato a Fabio Volo spinto dal desiderio di capire perché i suoi libri piacciano. Ho letto prima "Esco a fare due passi" e poi "È una vita che ti aspetto", capendo infine i motivi del successo. I romanzi sono semplici nello stile e nei contenuti, racchiudono non poche banalità e rappresentano la quotidianità soffermandosi anche su dettagli assolutamente trascurabili (il buon Fabio indugia con grande compiacimento sui peli pubici che restano incastrati nella patta, sui residui di buccia d'arancia che non se ne vanno dallo spremiagrumi e sulle cacche calpestate. Tutte cose molto interessanti, eh?). Però le storie riescono a intrigare. E perché? Perché nella figura del protagonista si possono facilmente riconoscere tanti lettori, generalmente persone sotto i 40, che si destreggiano ancora tra mille problematiche più o meno giovanili. Io stesso mi sono immedesimato e quindi, pur riconoscendo il livello tutt'altro che eccelso della lettura, l'ho proseguita con un certo coinvolgimento. "È una vita che ti aspetto", però, proprio non convince. La trama è inconsistente e si avvita continuamente su se stessa. L'inizio non è male, ma dopo tre quarti di libro scopriamo che la situazione non si è evoluta di un ette e il protagonista continua a disquisire sulla sua crisi esistenziale, ribadendo sempre gli stessi concetti. Il romanzo è davvero ripetitivo. Forse non proprio noioso, ma ripetitivo sì. Dopo che il protagonista ci ha portati allo sfinimento con le sue elucubrazioni, ecco che la situazione sembra finalmente evolversi. Tempo venti paginette e? siamo giunti al termine! È un po' come quei temi in cui l'alunno, dopo aver menato il can per l'aia per pagine e pagine, si accorge di dover consegnare e conclude con due frasette estemporanee che c'entrano con tutto il resto come un cammello con l'Alaska settentrionale. Dovrò leggere qualche altro romanzo per capire se si tratta di pecche dovute alla giovane età (si era nel 2003) o se il caso è proprio irrecuperabile.
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