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Comisso pensava spesso ad un libro autobiografico totale, al “romanzo della confessione della sua vita”, fatto di lettere, diari, appunti. In parte il progetto defluì in libri che lo scrittore venne pubblicando; nella sua più larga parte restò a livello di intenzione. Anche per una ragione non secondaria: che diari e appunti costituivano, di per sé, annotazioni sfuggenti rispetto all’esigenza di ricostruire nella sua interezza l’immagine del Comisso pubblico e privato. Quaderni, taccuini, lettere, prime stesure di libri rischiarono di andar dispersi dopo la morte dello scrittore: la ricomposizione dei materiali in modi a volte fortunosi e fortunati ha permesso a Nico Naldini di intravedere un disegno di una grande freschezza di vita, di avventure, di personaggi. Ed è questa dimensione di personaggi. Ed è questa dimensione di persona capace di ricondurre a sé un lungo tratto di vita e di mondo, ciò che prima di tutto Vita di Giovanni Comisso vuole restituire: una dimensione che non è solo di un certo “personaggio”, ma di uno stile di vita e di un modo di intendere letteratura, creatività, mestiere, in cui vita e arte ci appaiono come un unicum privo di soluzioni di continuità, e sempre intonato al più difficile e disobbediente dei sentimenti, l’amicizia. Un modo inciso da fatti e da luoghi (trincee di guerra, fiumi, campagne percorse a piedi o in bicicletta, mari) che hanno una prepotenza e una fisicità di presenza quasi identiche al passare delle stagioni, degli anni.Lungo questa linea Naldini ha intelligentemente lavorato, scegliendo, montando, raccordando il materiale a disposizione con affettuosa partecipazione.Ne viene quella che Naldini chiama una umile chanson de geste, che è l’immagine di un comune destino che lega a Comisso Arturo Martini, Guido Keller, Filippo De Pisis, Elisabetta, Rachele, Elvira, Giulio, Bruno, Guido, ma è anche il ritratto vivissimo di un modo di intendere vita e arte, creatività ed estri, senza che resti chiuso in maniere o […]
Comisso pensava spesso ad un libro autobiografico totale, al "romanzo della confessione della sua vita", fatto di lettere, diari, appunti. In parte il progetto defluì in libri che lo scrittore venne pubblicando; nella sua più larga parte restò a livello di intenzione. Anche per una ragione non secondaria: che diari e appunti costituivano, di per sé, annotazioni sfuggenti rispetto all'esigenza di ricostruire nella sua interezza l'immagine del Comisso pubblico e privato. Quaderni, taccuini, lettere, prime stesure di libri rischiarono di andar dispersi dopo la morte dello scrittore: la ricomposizione dei materiali in modi a volte fortunosi e fortunati ha permesso a Nico Naldini di intravedere un disegno di una grande freschezza di vita, di avventure, di personaggi. Ed è questa dimensione di personaggi. Ed è questa dimensione di persona capace di ricondurre a sé un lungo tratto di vita e di mondo, ciò che prima di tutto Vita di Giovanni Comisso vuole restituire: una dimensione che non è solo di un certo "personaggio", ma di uno stile di vita e di un modo di intendere letteratura, creatività, mestiere, in cui vita e arte ci appaiono come un unicum privo di soluzioni di continuità, e sempre intonato al più difficile e disobbediente dei sentimenti, l'amicizia. Un modo inciso da fatti e da luoghi (trincee di guerra, fiumi, campagne percorse a piedi o in bicicletta, mari) che hanno una prepotenza e una fisicità di presenza quasi identiche al passare delle stagioni, degli anni.Lungo questa linea Naldini ha intelligentemente lavorato, scegliendo, montando, raccordando il materiale a disposizione con affettuosa partecipazione.Ne viene quella che Naldini chiama una umile chanson de geste, che è l'immagine di un comune destino che lega a Comisso Arturo Martini, Guido Keller, Filippo De Pisis, Elisabetta, Rachele, Elvira, Giulio, Bruno, Guido, ma è anche il ritratto vivissimo di un modo di intendere vita e arte, creatività ed estri, senza che resti chiuso in maniere o [...]
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