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Il volto e l’allegoria della storia – prima parte del titolo di questo saggio – fa riferimento alla celebre teoria dell’allegoria elaborata da Walter Benjamin in Origine del dramma barocco tedesco. Collocata fra la tensione creaturale del dramma espressionista, sotto il segno della “rinascita di Büchner” (Alban Berg), e la dissoluzione del tragico prodotta dal dramma epico di Brecht, tale teoria è qui letta alla luce di un’interpretazione metonimica del “volto ippocratico della storia” – immagine allegorica delle sofferenze e rovine della storia. Questa interpretazione si salda con la “svolta metonimica” della poesia e letteratura della “crudeltà” – di cui Kafka è il caso paradigmatico –, cioè di una lingua che, come ha scritto Paul Celan, non dimentica di scrivere sotto l’angolo d’inclinazione del creaturale, nella via tracciata dal “poeta della creatura” (di nuovo Büchner). In tal senso, metonimica è la lingua della corporeità umana, “vulnerabile, ma non violabile”, centro della memoria profonda dell’umano e di irradiazione spirituale delle cose (Proust). Seguendo Celan, Benjamin e Proust, attraverso una serie di riferimenti storici e filosofici (in particolare Levinas), letterari, fotografici e cinematografici, questo saggio oppone “l’angolo d’inclinazione del creaturale” all’“angolo visuale dell’ideologia” – esemplificato attraverso un testo di Goebbels sull’essenza del nazismo –, percorrendo la strada che permette al creaturale di trovare il senso primario del confronto con l’alterità corporea e un’idea del sacro come vincolo di “dipendenza dalle altre creature” che, nella sua differenza, non è tuttavia immemore del contesto teologico originario risalente alla riflessione di Rudolf Otto e al percorso linguistico che collega il termine creaturale al nome di Ernesto Buonaiuti
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