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Il volume è un compendio dei principali orientamenti statunitensi in politica estera. Presenta infatti, avvalendosi anche di brani antologici, i paradigmi più efficaci per comprendere i rapporti degli Stati Uniti con il mondo, a partire dall'opposizione tra "realisti" e "wilsoniani", che si interseca con quella tra "unilateralisti" e "multilateralisti". La tradizione realista (Theodore Roosevelt, Henry Kissinger, George Bush senior) si basa sull'idea dell'anarchia del sistema internazionale, e dunque sulla necessità di puntare all'incremento della potenza nazionale e all'equilibrio nello scenario mondiale, attraverso una politica di alleanze. Il wilsonismo assegna invece agli Stati Uniti l'alto compito di diffondere ovunque, anche ricorrendo alla forza, i principi di libertà e democrazia. Realisti sono stati molto spesso i repubblicani e wilsoniani i democratici, che si sono distinti per una maggiore fiducia nel diritto e nelle organizzazioni internazionali. Al wilsonismo liberal, tuttavia, i neoconservatori, a partire dall'era Reagan, ne hanno sostituito uno nuovo, unilateralista: essi rivendicano dunque l'eredità dell'idealismo democratico di Wilson, privandolo però delle istanze internazionaliste. Si è prodotta pertanto una frattura, all'interno dei repubblicani, tra i vecchi realisti e una destra più "ideologica". La seconda componente ebbe la sua prima netta affermazione nella convention di Detroit del 1980, nella quale Ford e Kissinger persero la guida del partito. I fautori della Realpolitik tornarono poi a prevalere al tempo di Bush padre, mentre persero rapidamente terreno con Bush jr., soprattutto dopo l'11 settembre 2001. Quella divisione continua a essere decisiva per la politica estera statunitense, e dunque per il destino del mondo.
Giovanni Borgognone
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