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Unendo intimità e dimensione epica, la riflessione profonda e il racconto dei Piccoli gesti quotidiani, Fang Fang firma la testimonianza unica di un tempo straordinario.
Contro ogni censura. Dal 25 gennaio al 24 marzo 2020, sessanta giorni, sessanta capitoli pubblicati online. Dai primi momenti di incertezza alla speranza, passando per le ore più difficili, Fang Fang ha messo nero su bianco la vita durante la prima quarantena mondiale, quando l’Occidente guardava ancora a Wuhan come a un caso eccezionale e lontano. Che non lo riguardava. Mentre l’autrice documenta l’inizio della crisi sanitaria globale in tempo reale, ci troviamo a riconoscere chiaramente, quasi fossimo di fronte a uno stupefacente ritorno al futuro, le fasi che tutti abbiamo vissuto, con poche settimane di scarto. Le difficoltà e le emozioni, potenti e impreviste. Fino al giorno in cui la libertà sembra spuntare in lontananza. Il giorno in cui, chiudendo il diario, Fang Fang cita San Paolo: «Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la corsa, ho conservato la fede».
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Wang Fang, in arte Fang Fang, è una scrittrice nota al grande pubblico cinese grazie al capolavoro "Fengjing", ovvero "Paesaggio", in cui prese corpo un genere sino ad allora poco sperimentato nel suo Paese d'origine: il "nuovo realismo" orientale. Come fece allora (si era alla fine degli anni Ottanta) anche con "Wuhan. Diari da una città", l'autrice di Nanchino ha inteso proiettare le azioni dei protagonisti nell'ambiente urbano, catapultandoli, questa volta però, in una situazione ancora più vera e tangibile. Dove? Nell'incubo mortale e planetario tutt'oggi in atto: la pandemia da Covid-19. La scrittura della Fang, al solito, è veloce. Passano i giorni e disperazione, disillusione, opportunismo prendono il volo. La quotidianità non è di certo affidata a una visione prosaica, il registro linguistico-espressivo è apertamente e spontaneamente semplice. Fin troppo. In fondo al tunnel si intravvede una tenue luce, sì, ma è troppo flebile perché possa possedere gli indispensabili requisiti che si sostentano di una pronunciata voglia di rinascita totale.
Wang Fang, in arte Fang Fang, è una scrittrice nota al grande pubblico cinese grazie al capolavoro "Fengjing", ovvero "Paesaggio", in cui prese corpo un genere sino ad allora poco sperimentato nel suo Paese d'origine: il "nuovo realismo" orientale. Come fece allora (si era alla fine degli anni Ottanta) anche con "Wuhan. Diari da una città", l'autrice di Nanchino ha inteso proiettare le azioni dei protagonisti nell'ambiente urbano, catapultandoli, questa volta però, in una situazione ancora più vera e tangibile. Dove? Nell'incubo mortale e planetario tutt'oggi in atto: la pandemia da Covid-19. La scrittura della Fang, al solito, è veloce. Passano i giorni e disperazione, disillusione, opportunismo prendono il volo. La quotidianità non è di certo affidata a una visione prosaica, il registro linguistico-espressivo è apertamente e spontaneamente semplice. Fin troppo. In fondo al tunnel si intravvede una tenue luce, sì, ma è troppo flebile perché possa possedere gli indispensabili requisiti che si sostentano di una pronunciata voglia di rinascita totale.
Wang Fang, in arte Fang Fang, è una scrittrice nota al grande pubblico cinese grazie al capolavoro "Fengjing", ovvero "Paesaggio", in cui prese corpo un genere sino ad allora poco sperimentato nel suo Paese d'origine: il "nuovo realismo" orientale. Come fece allora (si era alla fine degli anni Ottanta) anche con "Wuhan. Diari da una città", l'autrice di Nanchino ha inteso proiettare le azioni dei protagonisti nell'ambiente urbano, catapultandoli, questa volta però, in una situazione ancora più vera e tangibile. Dove? Nell'incubo mortale e planetario tutt'oggi in atto: la pandemia da Covid-19. La scrittura della Fang, al solito, è veloce. Passano i giorni e disperazione, disillusione, opportunismo prendono il volo. La quotidianità non è di certo affidata a una visione prosaica, il registro linguistico-espressivo è apertamente e spontaneamente semplice. Fin troppo. In fondo al tunnel si intravvede una tenue luce, sì, ma è troppo flebile perché possa possedere gli indispensabili requisiti che si sostentano di una pronunciata voglia di rinascita totale.
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