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E' un romanzo in cui la realtà che ci circonda ci viene raccontata da una bimba di un anno circa. Cloe, è questo il suo nome, con la sua ironia, innocenza e leggerezza ci regala la possibilità di vedere la vita e tutte le sua componenti, anche quelle che vengono ritenute banali, da un altro punto di vista. Questo libro mi ha molto colpito perché offre vari spunti di riflessione e toglie l'ovvietà che viene attribuita fin troppo spesso alle cose che fanno parte della nostra quotidianità. Allo stesso tempo, però, affronta temi importanti, attuali e tragici, come la crisi economica, la disoccupazione e la disperazione che queste problematiche portano con sé. "Il filo di Cloe" è un romanzo fresco, originale e vero: con consiglio!
Aspetto d'incontrare Nicoletta Bortolotti che sarà la special guest in un laboratorio di scrittura creativa quando una comune amica Carla Pinna mi regala questo suo: Il filo di Cloe (Sperling). Irresistibile! Ma come si fa, dico, come si fa a scrivere la vita con le parole clamorose di una bambina che non parla ancora? Come si fa a pennellare ossimori su un foglio riciclato e creare un incantevole quadro naif? Come si fa a essere donna e madre e lavoratrice (più, credo, cucinatrice, puliscitrice, stiratrice, rammendatrice, lavastovigliatrice, rivoltatrice di calzini sporchi, eccetera) e rimanere leggiadra nella pesantezza del mondo? Ce lo dirà Nicoletta stessa o basteranno i suoi occhi - che immagino colorati, curiosi, guizzanti, emozionati ed emozionanti - a rispondere a queste domande? PS: E chi sa che cos'è un diplodoco alzi la mano.
Fra stralci di quotidiani e aperture poetiche, episodi buffi e riflessioni agrodolci, la quotidiana ricerca di un lavoro sfuggente ed elusivo anche quando lo trovi. La voce straniata di una bimba dipana il suo filo di storie famigliari che fanno di volta in volta ridere e commuovere, lasciando trasparire dietro i suoi occhi ingenui un mondo duro, eppure ancora ricco di speranze. Finalmente una penna traccia i contorni dei fantasmi contemporanei, quei precari che per politici e mass media sarebbero solo giovani mammoni e invece sono spesso mamme e papà quarantenni, colti e sottovalutati, che devono conciliare l'inconciliabile e colorare di magia il mondo dei figli come il babbo deportato de "La vita è bella", trovando spunti di comicità che ricordano le dis/avventure del Marcovaldo di Calvino. E riscopriamo in questa giovane scrittrice la penna lieve dei grandi.
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