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Anno edizione: 2014
Anno edizione: 2010
Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Il mio primo libro di Michele Murgia. Potente come la sua autrice.
Storia molto interessante, il libro si legge davvero bene senza risultare mai pesante!
Libro ben scritto, il secondo che leggo della Murgia. Una buona lettura
Recensioni
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Il tema del fine vita è sempre tanto delicato quanto attuale. A ragion veduta, la morte è probabilmente la condizione umana con la quale non riusciremo mai a scendere a patti. Non c’è nulla di peggio che perdere un marito, una moglie, un parente, per non parlare dello strazio dei genitori che sopravvivono ai propri figli. Michela Murgia lo affronta con la destrezza e la delicatezza di una scrittrice vera e autentica scrivendo un libro che è metafora di sofferenza e dolore. La sua sensibilità non deve però ingannarci perché “Accabadora” è un romanzo breve ma molto intenso e forte, che ti lacera il cuore soprattutto dopo che lo hai concluso. Quel momento in cui lo rifletti e lo assimili.
Chi è l’Accabadora? Nella cultura sarda è la figura di una donna che si incaricava di portare la morte a persone di qualunque età, nel caso in cui queste fossero in condizioni di malattia tali da portare i familiari o la stessa vittima a richiederla. Tale donna non veniva retribuita poiché portare la morte in cambio di denaro era contrario alla religione. In realtà, non esistono prove concrete dell’esistenza di tale pratica quindi il libro ed eventuali approfondimenti devono essere visti con un occhio sempre inquadrato sul folkrore e sulla superstizione. L’Accabadora esprime la sfida contro gli Dei incomprensibili e, insieme, si rivela come servigio di accompagnamento oltre il dolore e la paura. Per chi resta, non esiste la morte dolce. Essa rimane a vegliare, a insegnare che non esiste libertà di vivere o di morire ma solo quella di stare al mondo per ciò che siamo. Tutto questo contestualizzato in un territorio da sempre bistrattato, la Sardegna: isola meravigliosa di terre maledette, voci imprigionate e persone che si vedono ma non si distinguono. Ho apprezzato l’approccio che Michela Murgia ha adottato non prendendo alcuna esplicita posizione sull’argomento limitandosi a riportare un pezzo di storia italiana di una cultura a noi continentali del tutto sconosciuta. Maria, Bonaria, Andrìa e Piergiorgio, solo per citarne alcuni, sono tutti attori ben concepiti e inseriti magistralmente nel quadro narrativo. Le loro storie mi hanno fatto riflettere su quanto le tradizioni siano importanti per mantenere certi tessuti sociali, fondati su valori che sembrano ormai superati ma indispensabili per le future generazioni. Netta, e credo voluta, è la contrapposizione tra figura maschile e femminile: è evidente che “Accabadora” è un romanzo femminile, nel senso che la parte attiva della trama ha come protagoniste le donne; gli uomini, per motivi riconducibili a fattori psicologici, li trovano tutti in una condizione passiva, di reazione più che di azione. Lo stile evocativo delle pagine di questo romanzo ne azzera sicuramente la brevità gonfiando il significato di ogni parola che intraprende la ricerca di un linguaggio primitivo, di un mondo talmente lontano che sembra quasi perduto. Per trovare un difetto dobbiamo arrivare nella seconda metà del libro dove un cambio repentino di sceneggiatura stona con la continuità della storia fino a quel momento narrata: dalla campagnola Soreni ci si trasferisce alla grigia Torino. E mi chiedo se fosse veramente necessario un passaggio del genere che non ha apparentemente motivo di esistere siccome tutto finirà proprio là dove ebbe inizio. Probabilmente non ne ho colto la giusta sfumatura.
Questa piccola incomprensione toglie comunque poco valore ad un romanzo coraggioso che si traduce in una lettura adulta e matura che lascia basiti, specialmente nel momento in cui serve razionalizzare per coglierne appieno il messaggio. Un ottimo romanzo di narrativa contemporanea, sempre attuale, e problematico nel senso che tenta di dare una spiegazione a ciò che è l’eutanasia, creando inevitabilmente spaccature e discussioni, anche politiche, che fin troppo spesso esulano dal significato intrinseco della tematica. Lo scritto più studiato e migliore della Murgia. Piccola opera per grandi riflessioni.
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