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Anno edizione: 1991
Anno edizione: 2022
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A partire dal 1945, l’attività di Savinio si rivolse con grande intensità verso il teatro. Prima con due atti unici, Il suo nome e La famiglia Mastinu, poi con un testo quanto mai ambizioso, Alcesti di Samuele, che venne messo per la prima volta in scena da Strehler per il Piccolo Teatro, e con Emma B. vedova Giocasta. Rispetto al provocatorio e insolente Capitano Ulisse, che è del 1925, in questi ultimi testi incontriamo un nuovo cambiamento di tono e di atteggiamento, ora più grave e riflessivo.
Questo teatro vuol essere «tutto di parola». E il suo significato è chiarito da Savinio stesso: «L’azione comincia quando comincia la parola. Si cambi la definizione: il teatro è parola. Meglio ancora: “tutto” sta nella parola».
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Spassosissimo e spiazzante il primo dei due racconti, rivisitazione surreale del mito di Amore e Psiche. Godibilmente saviniano il secondo, con protagonista un vivo-morto o un morto-vivo che si aggira nella sua casa e nelle strade di Roma. Folgorante e liberatorio, come appunto una seduta d'analisi, dai falsi miti e dai luoghi comuni che condiscono i nostri pensieri e condizionano le nostre vite. I due alter ego dell’autore, Nivasio e Münster, sono accomunati dal vizio di parlare poco, consci che il meglio dell’uomo si trovi dentro di lui e nella maggior parte dei casi non venga alla luce sotto forma di parole. Geniale, ve lo consiglio.
Recensioni
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scheda di Favetto, G.L., L'Indice 1991, n. 7
Nel 1925 Alberto Savinio scrisse per le scene il provocante "Capitano Ulisse", rappresentato soltanto nel 1938. Poi, per vent'anni abbandon• quella che considerava una delle più impure forme di espressione. Ricominciò a dedicarvisi con nuovo entusiasmo nel 1945, sull'onda di quel recupero della vita che generò nel dopoguerra tanti fermenti e tanto genuino interesse per le iniziative teatrali. Scrisse un atto unico, "Il suo nome", fedelmente trascritto dall'omonimo racconto, una sorta di segreto omaggio a "Cuore di tenebra" di Conrad: un giovane che consegna alla fidanzata le lettere dell'amico, morto lontano in riva al grande fiume, tacendo e mentendo sulla vita condotta dal defunto e sulle ultime parole pronunciate. Due anni dopo il "mastro" surrealista elaborò le due fluviali parti della sua "Alcesti di Samuele", pubblicata nel 1949, e messa in scena il 1| giugno 1950 da Giorgio Strehler al Piccolo di Milano con scarso successo. "Alcesti", ovvero la parola che si fa teatro e che in sé riassume tutta l'azione. La vicenda ricalca il mito della figlia di Pelia e moglie di Admeto, re di Tessaglia: una donna ebrea a Monaco durante il nazismo, dopo l'inasprirsi delle persecuzioni razziali, si dà la morte per non danneggiare l'esistenza e non intralciare la carriera del marito. Del '48 e del '49 sono i due ultimi atti unici che completano il volume ben curato da Tinterri; due straordinari assalti alle convenzioni e alle tranquille consuetudini con cui il "dilettante per convinzione" Savinio demistifica il mito della famiglia "La famiglia Mastinu" ed "Emma B. vedova Giocasta".
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