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Anno edizione: 2016
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Di mamma ce n’è una sola: ed è verità sacrosanta, niente e nessuno ci amerà sopra ogni cosa, contro tutti ed a dispetto di tutto. Naturalmente, non tutte le madri sono uguali; perché ogni madre è, prima di essere tale, una persona, per cui l’amore di mamma si manifesta diversamente secondo il contesto ed il modo di essere, di crescere e divenire della genitrice. Ogni madre è mamma, ma ciascuna lo diviene a suo modo. Un retaggio dell’imprinting ambientale. Tutte le madri amano però con cuore di mamma, ognuna è a sé stante nei confronti della propria prole, però tutte sanno perfettamente, nell’intimo, cosa significa, cosa comporta essere madri. I simili sempre si riconoscono all’istante tra loro, è legge inscalfibile di natura; le altre genitrici saranno pure estranee, così come i loro figlioli, ma per il semplice fatto di aver partorito, una madre riconosce la compiuta maternità in un’altra donna, e tutto quanto a questo consegue. Resta una persona estranea, la loro prole a loro solo appartiene, non è intrecciata nell’anima come la propria carne, l’altra è la madre dell’altro, l’altra madre. Comunque, Mamma. “L’altra madre” è un principio, un incipit, poi il racconto si riflette nei figli, due giovani, come naturale derivazione delle loro madri. Un giorno i destini dei due giovani, si intrecciano tragicamente, e da qui tutto il romanzo precipita inesorabilmente, con crudele irruenza, in una turbolenza di furia, di rabbia, aspra e cattiva, dura e idrofoba. Longo descrive letteralmente una discesa agli inferi, e ritorno; delinea a chiare lettere, e però con pochi tratti incisivi, l’essenza del dolore, il peso amaro della croce, l’algia e lo struggimento dell’anima violata dalla sventura e dal patimento per la perdita di quanto più caro hai al mondo. Andrej Longo però non è autore scontato, e rassetta, riordina, regola la vicenda come è giusto che sia, in un confronto tra la madre e la madre dell’altro, l’altra madre. Comunque, Mamma.
Ho conosciuto la penna di A. Longo con "Chi ha ucciso Sarah?", e me ne sono innamorata. Con Manzini, non lo nego, è di certo lo scrittore per il quale nutro un attaccamento viscerale, di profonda dipendenza ma anche di totale fiducia: ed infatti iniziare a leggere tutto quello che ha scritto, aldilà dei tempi e delle recensioni, molte delle quali fra l'altro condivido (come alcune lette qui, c'è chi parla di sceneggiatura, e son d'accordo) non è mai una delusione. L'altra madre ti entra dentro, scava e lascia un solco, un solco tutto umano in cui riconoscersi e portarsi dentro.
Dieci sono dieci storie napoletane. Dieci sono anche i comandamenti che sono il filo conduttore di ogni racconto. Ora faccio fatica a spiegare cosa ho provato leggendoli. Strappano la pelle dal viso. Sono pugni nello stomaco. Ho pianto tutte le mie lacrime. Ed ogni tanto mentre gli occhi mi scorrevano sulle parole non potevo fare a meno di dire ommioddio e di coprirmi la bocca con la mano. Dieci sono dieci racconti terribili. Dieci è un libro terribile. Di una bellezza e forza sconvolgente. Andrej Longo compie, con questo libro, un atto d’amore infinito, dando voce a chi non ce l’ha, evitando la retorica buonista. Davvero consigliato.
Recensioni
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(…) Genny è un ragazzo di sedici anni, uno di quelli con la testa a posto, che lavora come cameriere in un bar, è simpatico a tutti per le pose che assume; è anche un bravo figlio, uno che sa che a casa c’è la mamma che lo aspetta, e che mamma: una donna che passa la giornata a cucire orli ai pantaloni per una miseria, una che fa pause o per leggere la sorte nelle carte o per prendere un po’ di ossigeno dalla bombola perché è molto malata.
Su un altro fronte c’è Tania, una quindicenne, anche lei una brava ragazza, una che studia e che è ancora una bambina; sua madre Irene fa la poliziotta. Succede che Genny, quasi per raccogliere una sfida, accetta la proposta di un piccolo delinquente di quartiere, quella di accompagnarlo su un motorino per scippare qualche vittima designata. La sorte vuole che la vittima sia Tania, appena uscita da un negozio dove ha fatto shopping con la sua migliore amica. Ma quella che doveva essere solo una malefatta, una bravata ordinaria, si trasforma in una tragedia: Tania è una tosta, una che non molla, però cade, sbatte la testa sul marciapiede, e muore.
Genny si trova così in una situazione che non aveva previsto: diventa la preda braccata da Irene (…) conferma in questo romanzo il talento che aveva manifestato in Dieci, il libro di racconti che nel 2007 lo ha fatto conoscere al pubblico, un talento che era apparso un po’ attenuato nei due lavori successivi – Chi ha ucciso Sarah? e Lu campo di girasoli. Oltre a una trama in grado di sorprendere, e di tenere in scacco la prevedibilità del lettore durante l’intera durata della lettura, il fattore che conquista maggiormente è la maestria con cui Longo padroneggia la materia prima della scrittura, la maniera in cui si dimostra capace di dare colore e carattere ai personaggi attraverso la duttilità di una lingua che si modella sulla cadenza del dialetto napoletano e che, prima ancora delle vicende, trasporta chi legge dentro quel luogo unico al mondo che è Napoli.
I protagonisti sono anzitutto fatti di linguaggio, sono quello che dicono – come lo dicono – e quello che fanno, e tanto basta a farli emergere come figure a tutto tondo, senza alcun bisogno di introspezione psicologica. Per questo la lettura si accende di visibilità: sembra davvero di vedere un film – e sarebbe auspicabile che questa bella storia venisse quanto prima scelta per una trasposizione cinematografica.
Recensione di Francesco Pettinari
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