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Anno edizione: 2017
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La storia è plausibile, basata su fatti realmente accaduti nel contesto della seconda guerra mondiale. Vediamo il mondo attraverso gli occhi di Francesco, un bambino di neanche dieci anni che si ritrova a vivere tra Roma e altri luoghi per scampare alla morte.
La guerra vista con gli occhi di un bambino romano, figlio della piccola borghesia ministeriale. Dopo il bombardamento di San Lorenzo, lui, la madre e la sorella si trasferiscono nelle Marche, terra di origine del padre, da cui tornano dopo che anche quella zona è stata pesantemente bombardata. Il piccolo Francesco capisce poco della guerra, gli sembra un gioco, fino a quando ne fa le spese il suo migliore amico.
Amici per paura ha il merito di una storia scritta con semplicità e che si legge con piacere e velocemente malgrado racconti gli anni bui della seconda guerra mondiale.Le illusioni, le frustrazioni, la fame, la paura, la tragedia di un grande conflitto che sconvolge le vite delle persone viste attraverso una "lente" speciale, quella di un bambino: Francesco. Francesco è costretto a crescere conoscendo i bombardamenti, il mercato nero, gli sfollamenti, i nazisti ed i partigiani assistendo e vivendo Roma città aperta ma anche città spettrale e riesce a cogliere, pur bambino, che la salvezza sta nella grande forza di potersi raccontare e di poter raccontare che è poi la grande lezione di questo libro.
Recensioni
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“Ai grandi ne possono capitare di tutte, era come se le disgrazie e la morte se le tirassero addosso, come la guerra dove ne morivano tanti sotto il fuoco dei cannoni, delle bombe e delle mitragliatrici, altro che rospi. I bambini invece no, i bambini sono immuni. Lui era un bambino ed era immune.”
Francesco, il protagonista di “Amici per paura”, un bambino cresciuto in una famiglia della Roma piccolo borghese, si sente immune alla morte. Come tutti i bambini del mondo, crede di essere invincibile e che le persone che muoiono possano essere solamente gli adulti; crede che i bambini, abbiano una specie di angelo custode. Ci ha sempre creduto e continua a crederlo anche durante la Seconda Guerra Mondiale, durante i bombardamenti e i razionamenti, durante le peggiori fasi del conflitto.
Gli adulti attorno a lui muoiono, a volte per cause naturali, più spesso per le conseguenze (dirette o no, non importa) della guerra. La nonna prima, il nonno poi. I vicini di casa, i parroci. I bombardamenti uccidono gli uomini, mai i bambini. Mentre i protagonisti accettano passivamente il ruolo di vittime della guerra, Francesco vive nel suo caseggiato INCIS nella certezza che solo i grandi possano morire. Vorrebbe vivere un’esistenza da eroe anche se non capisce davvero il motivo delle battaglie. Gioca sul balcone con il suo migliore amico, Domenico, con i soldatini dal braccio alzato (i soldatini inglesi sono difficili da reperire in tempo di guerra).
“Ma se i giorni nella città prigioniera erano quelli della Guerra e della Fame, erano anche giorni come Francesco non avrebbe mai più vissuto con altrettanta intensità, nella spietata illusione dell’infanzia di possedere una propria naturale immunità. Personaggi estremi e fantastici come incubi o come sogni, quali le generazioni a seguire non avrebbero più incontrato. Francesco aveva visto la Guerra.”
La Guerra obbliga parte della famiglia di Francesco a trasferirsi nel Maceratese e poi nella canonica di un prete che li accoglie, mentre il padre resta a Roma.
È al ritorno nella città capitolina che Francesco dovrà fare i conti con la morte. Ed è qui che Francesco dovrà definitivamente crescere, una volta conclusa la Guerra. In una Roma devastata dai bombardamenti e dalle rappresaglie dei tedeschi, i ragazzi della compagnia di Francesco si ritrovano a vagare in una città fantasma, in cerca di legna e oggetti utili tra le rovine delle case. Per Francesco sarà fondamentale l’amicizia con il ritrovato Domenico (un ragazzo ormai cambiato dalle dinamiche familiari violente) che si spezzerà nel peggior modo possibile.
L’incontro con il mondo della letteratura cambia l’adolescenza di Francesco che decide di diventare scrittore, dopo aver pensato a lungo che sarebbe diventato, un giorno, un soldato o un prete.
Ferruccio Parazzoli, classe 1935, imbastisce un affresco ben congegnato e ben scritto sull’orrore della guerra che modifica le vite di tutti gli uomini e lascia un segno indelebile in quelle dei bambini.
Un libro fortemente letterario, a tratti soave, una scrittura che vola leggiadra e grave allo stesso tempo in quattro tempi e venticinque capitoli in cui - essendo enfatizzata l’immobilità dell’uomo di fronte alla guerra, con l’assoluto protagonismo dei bambini - si respira l’aria neorealistica di “Roma città aperta” e di “Ladri di biciclette”.
Recenzione di Eros Colombo
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