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Ausmerzen è ciò che viene prima. Prima delle leggi razziali, prima della stella da portare obbligatoriamente al braccio, prima dell'esclusione degli ebrei dalla società, prima dei famigerati campi di sterminio. Ausmerzen è l'inizio della fine. Sette lunghi anni di un progetto di sterminio silenzioso. Sette lunghi anni in cui il partito nazista agì indisturbato. Sette anni di Aktion T4. Non è facile fare i conti con gli anni precedenti alla guerra. Si dovrebbe mettere in discussione tanto troppo, come ad esempio perché l'Europa non si sia accorta di quanto stava accadendo nel cuore del continente, perché tutto taceva, mentre negli ospedali si facevano centinaia di migliaia di iniezioni letali a coloro che secondo il partito erano "indegni di vivere". Vite, come dice Paolini, trattate, ma trattate male, trattate alla stregua di bestie da macello. L'unica differenza è che "quando ammazzi il vitello, non vai ad informare la giumenta". Un monologo terribile, ma necessario sia per approfondire il progetto dal punto di vista storico e scientifico, sia per non dimenticare.
Oltre alla narrazione di Paolini, che coglie sempre sfumature e angoli per lo più inavvertiti, quello che colpisce è la meccanica elementare e sin troppo umana della banalità del male. Tanti piccoli Eichmann si nascondono nel quotidiano. Anche oggi. Il lettore si sente investito del compito di non girarsi più dall'altra parte.
Da sempre appassionata dei racconti teatrali di Paolini, è il primo libro che leggo. La storia del T4 narrata in terza persona è affascinante ma al contempo agghiacciante. Leggere per non dimenticare.
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